Giorgio Forattini: "Vorrei fare di Milano la capitale della satira con un mercato dei fiori"

«Milano è la mia seconda patria. Qui lavoro meglio che a Roma e ho trovato anche l’amore» di Massimiliano Chiavarone

Giorgio Forattini (Newpress)

Giorgio Forattini (Newpress)

Milano, 19 ottobre 2014 - «Milano è la mia seconda patria. Qui lavoro meglio che a Roma e ho trovato anche l’amore». Lo racconta Giorgio Forattini.

In città la prima volta da adulto o da bambino? «La seconda delle due. Avevo 7 anni. Mi trasferii qui con la famiglia per il lavoro di mio padre che era direttore dell’Agip. Abitavamo in via Buonarroti. Frequentai a Milano una parte delle elementari fino a 10 anni, poi tornammo nella Capitale».

Qual è l’origine della sua famiglia? «I miei genitori erano entrambi di Roma. La famiglia di mia madre era di origine istriana. Quella di mio padre era di Guastalla, vicino a Reggio Emilia. Lui era un chimico. Aveva aperto un’azienda petrolifera, la Diom. Io ho cominciato a lavorare presto come rappresentante di prodotti petroliferi. Quegli anni sono stati all’insegna dei cambiamenti. Mi ero sposato a 22 anni. Due anni dopo mi iscrissi a una scuola di teatro romana. Stava a Trastevere. Tra i miei compagni di studi c’erano Lina Wertmüller e Sofia Loren, che di cognome faceva ancora Scicolone. Invidiavo molto il suo fidanzato d’allora, l’attore Ettore Manni. Lei però dava poca confidenza. Avevo tentato anche la strada dell’università, iscrivendomi prima a Giurisprudenza e poi ad Architettura. Diventai poi rappresentante di dischi di una etichetta musicale, la Bluebell Records, e poi della Ricordi».

E quando irrompono le vignette nella sua vita? «A 40 anni, dopo aver fatto tutti i lavori del mondo. Vinsi un concorso indetto dal quotidiano Paese Sera. Entrai nel giornale come grafico. Poi fui chiamato da Eugenio Scalfari per far parte del nucleo fondatore di Repubblica, dal quale andai via sbattendo la porta nel 1999».

Sempre per una vignetta? «Sì, era quella che scatenò le ire di D’Alema che mi querelò per tre miliardi di vecchie lire. Ezio Mauro non mi difese e quando andai via dal giornale la querela fu ritirata. Meno male che intanto mi dedicavo anche ai libri e per questo tornavo a Milano».

Quando il suo ritorno qui? «Ho intensificato i miei viaggi a Milano a partire dal 1982, quando ho cominciato a pubblicare un libro all’anno con la Mondadori. Di lì a poco mi innamorai di Ilaria Cerrina Feroni, allora a capo dell’ufficio stampa libri della casa editrice di Segrate. Il mio matrimonio precedente era ormai finito. Con Ilaria ci siamo poi sposati nel 1997. Mia moglie già allora abitava in Porta Venezia e mi aiutò a trovare casa nel suo stesso quartiere».

È la zona che preferisce? «Sì. Appena rimisi piede in queste strade con Ilaria, mi venne in mente una foto che avevo fatto da piccolo a Milano e che mi ritraeva in sella a un somarello a Porta Venezia. Qui mi ci portava spesso mia madre durante l’infanzia. Subito sono stato avvolto da un’ondata di tenerezza e di emozioni. A Milano mi sono trasferito stabilmente dal 1983. Da 25 anni abito con mia moglie in una casa che risale al 1840 ed era in origine una caserma delle truppe del Maresciallo Radetzky. Si trova in una piccola strada a pochi passi dai Giardini di Porta Venezia e a fianco di corso Buenos Aires. Una volta ho scoperto una foto degli inizi del ‘900 che ritraeva Baires tutto alberato. Sarebbe così bello se rimettessero le piante. Ma un sogno io e mia moglie lo abbiamo: trasformare Piazza Oberdan, che ora è molto degradata, in uno spazio destinato al mercato dei fiori come a Parigi nei pressi di Notre-Dame. Nella capitale francese è talmente famoso che anche la regina d’Inghilterra non ha mancato di visitarlo. Chissà, forse quello di Milano potrebbe essere altrettanto bello».

Le piace sempre fare satira? «Sì, anche se la satira in Italia è stata uccisa dai politici e dai giudici. La mia permanenza nei vari quotidiani è sempre stata condizionata dalle querele per diffamazione a mezzo stampa. La vignetta ha un potere e un impatto più forte di un’inchiesta giornalistica. Ora ho in cantiere la pubblicazione di un libro in cui rappresento Renzi come Pinocchio».

Tracciamo un bilancio. Chi sono stati i politici più tolleranti e invece quelli più irritabili? «Tra i primi cito Spadolini e Andreotti che disse: “A me, mi ha inventato Forattini”. Tra i secondi, naturalmente D’Alema, poi Ciriaco De Mita, Formigoni e Craxi. Ma un’idea ce l’ho».

Qual è? «Fare di Milano la capitale della satira, con la creazione di un grande giornale come ai tempi del mio Satyricon, che fondai nel 1978».

Massimiliano Chiavarone mchiavarone@yahoo.it

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