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Con la chiusura della Gintoneria finisce il regno di droga e “cavalle” di Lacerenza: ma i soldi all’estero?

Il questore dispone il ritiro della licenza per il locale e l’attiguo privé al centro di un’inchiesta. Un presunto giro di coca ed escort alla base delle accuse al “King”, a Stefania Nobile e al factotum

A sinistra, Davide Lacerenza (con la felpa) arriva in Tribunale per essere interrogato Sopra, Stefania Nobile, ritenuta “socia occulta” A destra, il loro legale Liborio Cataliotti

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MILANO – Addio Gintoneria. Il locale di Davide Lacerenza non riaprirà più. Così come resterà per sempre abbassata la cler della gemella Malmaison, la dépendance a luci rosse per i “clienti speciali”. Ieri mattina, gli agenti della Divisione polizia amministrativa e sociale di via Fatebenefratelli hanno notificato all’ormai ex titolare, ai domiciliari da diciotto giorni nella sua abitazione in zona Stazione Centrale, il provvedimento firmato dal questore Bruno Megale che ha disposto la revoca della licenza.

Una misura attesa e nei fatti inevitabile, legata a doppio filo all’inchiesta della Guardia di Finanza che ha acceso i riflettori sul presunto giro di droga e prostituzione che ruotava attorno al bar di via Napo Torriani e in particolare all’autoproclamato “King” delle notti milanesi, all’ex compagna e “socia occulta” Stefania Nobile (figlia di Wanna Marchi) e al factotum Davide Ariganello alias “Righello”. Senza contare che per due volte, in passato, i poliziotti si erano già presentati alla porta del cinquantanovenne per eseguire altrettante sospensioni dell’autorizzazione a gestire l’attività commerciale, sulla base di quanto disposto dall’articolo 100 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

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Nelle motivazioni, il questore ha parlato di “situazione obiettivamente pericolosa e intollerabile per la sicurezza e l’ordine pubblico”. Intendiamoci: la “Ginto” e l’attiguo privè erano già chiusi dal 4 marzo. Sì, perché la pm Francesca Crupi, che ha coordinato l’indagine dei militari delle Fiamme Gialle, ne ha disposto il sequestro impeditivo d’urgenza, poi convalidato dalla gip Alessandra Di Fazio con la seguente motivazione: se venissero riaperti, potrebbero essere gestiti da prestanome, col rischio di perpetrare lo stesso sistema fondato sullo sfruttamento di giovani escort (in bella mostra tra i tavoli come in un catalogo in carne e ossa), sullo spaccio di droga nel locale e sul servizio di delivery che comprendeva la consegna a domicilio di coca (bianca e rosa) e bottiglie di vino e champagne costosissime.

Basti dire che uno solo degli aficionados, l’ereditiere L.S., avrebbe bonificato in più tranche 641.187 euro tra il 2020 e il 15 settembre 2023. Una somma monstre, che avrebbe contribuito a generare il tesoro stimato in 900mila euro finito sotto sigilli (pende ricorso al Riesame presentato da Lacerenza). O meglio: rispetto al presunto profitto di autoriciclaggio, gli investigatori sono riusciti a rintracciare finora circa 80mila euro (33mila su un conto in Lituania, 40mila su conti italiani e 10mila cash). Il sospetto, però, è che buona parte dei guadagni illeciti siano finiti all’estero, anche per investimenti in Albania.

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Una settimana dopo gli arresti, Lacerenza e Nobile si sono presentati in Tribunale per l’interrogatorio, ma entrambi hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. “Noi abbiamo la massima fiducia e il massimo rispetto per questa indagine, sia nei confronti dei pm sia nei confronti della Finanza, e finché ci sarò io a difendere garantisco che quanto mi verrà concesso dai miei clienti al fine di collaborazione verrà fatto – ha chiarito il loro legale Liborio Cataliotti – Non è ancora il momento di rispondere nell’indagine, perché conosciamo sì l’entità delle accuse, ma non gli atti che le supportano”.