"Genovese vuole risarcire, inutile bloccargli il denaro"

Il gup Chiara Valori ha respinto la richiesta di sequestro preventivo da parte di una delle vittime degli abusi sessuali dell’imprenditore

Migration

Alberto Genovese ai tempi delle “feste“

Niente sequestro, i soldi sono al sicuro e lui vuole risarcire. Il gup Chiara Valori ha respinto la richiesta di sequestro conservativo di oltre 1,5 milioni di euro da parte del legale di una delle due vittime di Alberto Genovese, l’imprenditore ai domiciliari in clinica per disintossicarsi . La parte civile, una modella che subì abusi nell’attico di lui Terrazza Sentimento nel 2020, quando aveva 18 anni, chiedeva di congelare la cifra perché l’ex mago del web, difeso dagli avvocati Luigi Isolabella e Davide Ferrari, aveva aperto un trust per gestire il suo patrimonio. Trust che, come evidenziato dal gup, è stato creato, però, proprio per risarcire le vittime e pagare le spese processuali.

La stessa difesa di Genovese, scrive il giudice, ha "chiesto che fosse indicato a verbale che gli assegni circolari già emessi", per i risarcimenti offerti e rifiutati nell’udienza del 5 aprile, rimarranno depositati" nello studio legale "fino alla conclusione del processo", se le parti civili "dovessero mutare il proprio orientamento".

E l’imprenditore, tra l’altro, "resterà beneficiario" del trust "allo scopo di far fronte al risarcimento dei danni, mentre le ragioni delle vittime rimarranno in ogni caso garantite anche laddove l’imputato dovesse" scappare o morire. Quel trust, dunque, conclude il gup, non è "uno strumento di elusione della responsabilità giuridico-patrimoniale" dell’imputato.

Geniale negli affari, Genovese faceva uso di cocaina e ne avrebbe abusato per anni, ma, secondo gli esperti, senza subire da questa dipendenza danni psichici permanenti. "Eravamo drogati, ci frequentavamo fra drogati e facevamo cose da drogati. La anormalità era la nostra normalità. Cercavamo lo sballo estremo facendo cose estreme, sul sesso come su tutto il resto. E alle feste non c’erano ragazze o altre persone che non condividessero quello stile di vita estremo" ha ripetuto spesse a verbale Genovese .

In uno stralcio dell’interrogatorio davanti al procuratore aggiunto Letizia Mannella, raccontò le sue giornate e le feste che avvenivano anche a sua insaputa perché spesso lo “sballo”, che consentiva di generare un mercato molto fiorente di spaccio della “cocaina rosa”, veniva organizzato da chi si diceva suo “amico”, o dalle stesse ragazze, anche quando lui non c’era. Così, spesso, le telefonate di protesta segnalavano alla Questura feste in terrazza di cui lui non sapeva nulla, perché si trovava a Ibiza, in una deriva che ha avuto tra le conseguenze anche le notti degli orrori nell’attico milanese.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro