
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani con il bambino, unico sopravvissuto di dieci fratelli e la madre velata Sopra, altri piccoli pazienti arrivati in Italia
MILANO – Un pallone da calcio appena sceso dall’aereo, mercoledì notte a Linate. A regalarglielo Antonio Tajani, ministro degli Esteri. I mattoncini Lego, all’ospedale Niguarda, dove è stato ricoverato e dove sarà curato. Gioca Adam, continua a giocare o perlomeno ci prova. “Mi ha guardato di sottécchi, mi ha detto che gli fa male il braccio e poi è tornato ai suoi Lego” fa sapere Guido Bertolaso, assessore lombardo al Welfare, che è andato a trovarlo. Del resto è così che si è salvato, questo bambino palestinese di 11 anni. È sopravvissuto perché, a differenza dei suoi 9 fratelli e di papà Hamdi, era in giardino a giocare mentre una bomba israeliana riduceva casa sua in macerie, il 23 maggio a Khan Younis, nella Striscia di Gaza.
Accanto a lui c’è sua madre Alaa-al-Najjar, 36 anni, pediatra, in queste ore inevitabilmente visitata da pensieri diversi. Ha scelto lei di venire in Italia e vuole restarci almeno fino a quando Gaza non uscirà dal dramma umanitario che sta vivendo. Eppure mercoledì notte, a bordo dell’aereo e appena scesa, ha voluto condividere un timore che l’ha attraversata: quello di faticare ad essere accettata in Italia per via del niqab, il velo integrale, che ha scelto di indossare nel giorno del suo arrivo a Milano, un abito che è un’identità.
Un timore passeggero, pare: “Sa benissimo che gli italiani sono accoglienti – dice Khadir Tamini, presidente della comunità palestinese della Lombardia, che ha parlato con lei –. Per me che vivo qui da tanti anni è una seconda patria”. Una sorella di Alaa vive in Canada, dove lavora per Amazon. Non la vedeva da 12 anni prima di trovarsela di fronte mercoledì notte a Linate. In Irlanda vive, invece, un fratello di Alaa, quello che ieri ha fatto arrivare al Niguarda uno scatolone di giocattoli per il nipote, per Adam. Lei invece ha scelto Gaza e i suoi piccoli pazienti.
“Ora, dopo aver parlato con lo staff sanitario del Niguarda è sollevata – fa sapere Tamini –. È attenta, fa domande”. “Abbiamo fatto una riunione di coordinamento con i tre ospedali che stanno ospitando i bambini palestinesi” conferma Bertolaso. Oltre ad Adam ci sono Nehal, 12 anni, ricoverata al Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e Asel, 15 anni, ricoverato al Policlinico di Milano. “Tutti e tre stanno facendo i primi controlli – prosegue l’assessore regionale al Welfare –: ci preoccupa soprattutto la bambina che è stata ricoverata a Bergamo perché ha subìto lesioni molto serie da scoppio di bomba, ha entrambi gli arti molto compromessi e lesioni agli organi interni. Stiamo curando il rischio di infezioni, è in terapia intensiva. Lei ha solo il papà, la mamma è morta. E cinque fratelli che vanno da pochi mesi di età a 20 anni”.
“Alla bambina ospitata al Policlinico è stato già tolto un polmone a Gaza, ha problemi di riabilitazione polmonare più una serie di fratture che si stanno valutando. Infine – conclude Bertolaso – ho visto Adam. Stava giocando con i Lego, stava costruendo una Ferrari usando solo la mano destra perché ha la sinistra bloccata. Io non sarei stato capace di realizzare la Ferrari con la sua velocità. Sua mamma mi ha raccontato che è un esperto del cubo di Rubik, che lo risolve in tre minuti. È un ragazzo di grande intelligenza. Ha una frattura del radio e una serie di questioni neurologiche legate al nervo radiale, o al plesso radiale, che si stanno studiando. È pieno di vetri, dovuti all’esplosione evidentemente. Sono in superficie ma sono parecchi in tutto il corpo. È stato visto dalla neuropsichiatra infantile, nasconde ancora una buona parte del trauma vissuto, ci vorrà tempo perché possa tirarlo fuori. La mamma è con lui, grata per quello che si fa”.