
L’inchiesta dei Nas è scattata dalle indagini sulla gestione della farmacia Caiazzo nell’omonima piazza (Newpress)
Milano, 25 gennaio 2019 - Ancora la farmacia Caiazzo. Ancora la figura di Giuseppe Strangio, l’ex direttore delle Poste di Siderno assolto in primo grado dall’accusa di aver utilizzato i soldi dei clan per acquistare l’esercizio commerciale all’angolo con via Settembrini. Il legame con il recente passato affiora negli atti dell’inchiesta dei carabinieri del Nas che ieri ha portato cinque persone in carcere e sei ai domiciliari.
In cella, tra gli altri, è finito pure l’imprenditore bresciano Giancarlo Pintossi, 61enne amministratore unico della Kaliskin srl con sede nel Bresciano, società specializzata nella compravendita, sia in Italia che all’estero, di prodotti cosmetici, dermatologici e farmacologici, «non autorizzato però come broker farmaceutico». L’attenzione degli investigatori, coordinati dal maggiore Salvatore Pignatelli, si concentra su di lui per via dei frequenti contatti telefonici con Giampaolo Giammassimo – «dominus della farmacia Caiazzo» fino all’arresto dell’aprile 2018 – e con Giuseppe Strangio. Così le intercettazioni telefoniche fanno emergere una «forte reverenza nei confronti di Strangio» da parte di Pintossi e una serie di prestiti di denaro che il primo chiede al secondo di onorare.
Il 12 dicembre 2017, una conversazione tra Pintossi e un uomo di Gioiosa Ionica chiarisce ulteriormente il quadro: Pintossi ha dei debiti da saldare e garantisce che a breve arriveranno i soldi, «mille euro per volta». Nello stesso periodo, iniziano i furti di farmaci oggetto dell’indagine «Partenope»: il 61enne entra in contatto con Simona Rebuffoni, dipendente della sede di Carpiano di una ditta farmaceutica, che gli offre «la disponibilità di partite di farmaci provenienti dal deposito». A questo punto, Pintossi mette in piede un complicato sistema di falsi documenti e di fatture altrettanto farlocche per far uscire i medicinali dal magazzino e piazzarli nelle farmacie dislocate tra Lombardia ed Emilia Romagna.
Il primo episodio va in scena alla fine di novembre del 2017, seguito da altri colpi agevolati pure dalla complicità del magazziniere Alessandro Romizi. Fin qui i reati contestati nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Manuela Cannavale su richiesta del pm David Monti. In realtà, c’è ben altro da approfondire, fa intendere il giudice nelle 64 pagine di provvedimento: la pista del traffico illegale di farmaci, specie oncologici, a livello internazionale, «in particolare con la Romania, la Turchia, l’Africa (Nigeria e Senegal) e la Giordania». Uno scenario che serve anche a «inserire gli episodi oggetto della presente misura in un contesto di riferimento di amplissimo respiro». In un’occasione, Rebuffoni e Pintossi «si attivano per spedire e commercializzare in Romania alcune tipologie di farmaci oncologici», utilizzando come tramite l’amministratore unico di una società del settore. In un colloquio captato dagli inquirenti, «Pintossi parla con Rebuffoni di quali scontistiche si possono applicare e Pintossi spiega che i romeni chiamano perché poi manderanno tutto in Africa». Del resto, sottolinea il gip, «è ben noto, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della Sanità, che l’Africa è il Paese di maggior ricezione e traffico di farmaci contraffatti».