LUCA SALVI
Cronaca

Francesco Salvi e Milano: "La mia casa? Il Naviglio e i suoi locali"/ VIDEO

Artista a tutto tondo: dal Politecnico a cabaret e pittura

Milano, 4 dicembre 2016 - Alla prossima cena da Arlati ha invitato anche Bob Dylan, promettendogli di «andare a ritirare il Nobel. All’Ikea, se non mi paghi il biglietto fino a Stoccolma». Adora i Navigli e i loro locali, dove ha tenuto a battesimo, da fresco laureato Politecnico e cabarettista in fieri, le serate, anzi nottate di cabaret. Detesta invece il nuovo skyline, «a forma di fagiolo o carta di cioccolatino spiegazzata». E si appresta a inaugurare una mostra di «poveri diavoli», a Sant’Ambrogio. Perché nessuna arte è ignota a Francesco Salvi, comico, attore, cantante, scrittore, ora anche pittore. Sulla sua pagina Facebook, tre minuti di telefonata con Zimmerman, anzi «Bob». «Continua a chiamarmi, gli ho consigliato almeno di ciapà i danè. Mi piace la tecnologia ma per i messaggi social mi appoggio ad amici, sennò perderei ore tra mail, Facebook, Twitter. Siamo arrivati al punto che il vicino di casa mi rimprovera per non avergli dato l’amicizia online. Ma se ci conosciamo da 30 anni».

Nel video dice a «Bob» di trovarsi in sala d’incisione. Nuovo disco in arrivo dopo anni?

«Dipende da quello che ti fanno fare. Sto mettendo giù alcune cose ma non voglio dire di più, sennò gli altri ti copiano le idee. Com’era successo per “La sai l’ultima”. Il talent show delle barzellette l’avevo proposto io».

Luino, la città natale, Milano e Roma quelle dell’affermazione. Zona meneghina preferita?

«Il Naviglio: sto sempre lì da quando i locali hanno cominciato a ospitare le serate di cabaret in concorrenza con Brera. C’era il Gran Burrone, che aveva un grosso manifesto del Megasalvi show. Poi ha messo Jovanotti e quindi Craxi, sparito con Tangentopoli. Un po’ una banderuola. Dai tempi del Derby e del Drive-In vado spesso anche in Bicocca. Dietro la stazione di Greco giravamo gli esterni del Megasalvi. C’era il nulla. Poi tutti da Arlati, punto d’incontro per gente fuori di testa. Il nostro ristorante preferito, mio, di Boldi, Abatantuono, Teocoli».

ECLETTICO Francesco Salvi amato dal grande pubblico è passato  dal cabaret alla televisione  al cinema  al teatro E presto  una mostra di quadri
ECLETTICO Francesco Salvi amato dal grande pubblico è passato dal cabaret alla televisione al cinema al teatro E presto una mostra di quadri

«Pessima. Sono architetto. La forma deve derivare dalla funzione. Invece ora fanno gli edifici a forma di fagiolo che pende, di pistacchio. In zona Fiera c’è quell’edificio che sembra una scatola di scarpe avvolta da carta di cioccolatini spiegazzata. A Roma la Nuvola di Fuksas sembra un abuso edilizio di un circo di provincia. Non fanno più le linee sensate di una volta, le archistar pensano solo ad impressionare».

Si è laureato al Politecnico? Come Elio ed Edoardo Bennato?

«Dopo due anni a Firenze, sono venuto a studiare a Milano, anche perché avevo cominciato a lavorare con Bruno Bozzetto. Ti apre molto la testa. E puoi fare quello che vuoi. C’erano docenti molto in gamba. Mentre cominciavo al Derby mi laureavo con Alberto Alpago Novello. Sono stato suo assistente virtuale, visto che di lì a poco poi si è dimesso. Anche io, ma nessuno se ne è accorto».

Prossimi progetti?

«Stiamo girando la nuova stagione di «Un passo dal cielo» (la serie tv su RaiUno, ndr) e ai primi di marzo dovrei fare una mostra».

Cosa esporrà?

«Me stesso nudo. No, scherzo. La mostra si chiamerà «I diavoli custodi», un soggetto sul quale posso sbizzarrirmi. Non come gli angeli, che sono sempre azzurri e con l’aureola».