Fontana dà l’addio all’anno più buio: "La Lombardia ripartirà per prima"

Il governatore : rimetteremo mano alla legge sulla sanità, ma sui vaccini anti-Covid il governo deve muoversi

Il governatore della Lombardia Attilio Fontana

Il governatore della Lombardia Attilio Fontana

Milano, 31 dicembre 2020 - Il primo carico di vaccini anti-Covid della Pfizer-Biontech è atterrato nella notte, all’aeroporto di Malpensa. Poi i furgoni hanno iniziato la distribuzione. Attilio Fontana, presidente di Regione Lombardia, segue le operazioni con attenzione e un pizzico di scetticismo. "Non ci sono certezze sui tempi delle consegne - confessa - né sulle effettive quantità che verranno distribuite e da parte di quanti e quali fornitori".

È una partita iniziata fra molte incertezze e domande ancora senza risposta. «Andrà tutto bene» come recitava lo slogan all’inizio della pandemia? "L’unico mezzo per sconfiggere il virus è il vaccino. Siamo in una fase in cui occorre ancora capire quali, fra i diversi tipi prodotti, dovremo utilizzare. Quello della Pfizer arriva in quantità non elevate. Aspettiamo che arrivino anche gli altri due vaccini. Fino a quel momento è difficile fare previsioni".

Il governo e il suo commissario Arcuri hanno sbagliato? "Lascia perplessi che la Germania abbia acquistato 30 milioni di vaccini e noi siamo già in ritardo".

La Lombardia è sotto la lente, anche a causa dei ritardi sulla vaccinazione antinfluenzale. La verità su quella vicenda? "Il ritardo ha riguardato tutta l’Italia come altri Paesi europei. Le aziende produttrici hanno dovuto far fronte a richieste sopra le previsioni. Non a caso ci sono Regioni che intendono far causa alle case farmaceutiche. Rispetto all’influenza non siamo in ritardo, perché il picco non è ancora arrivato. La copertura delle fasce a rischio è stata garantita".

Il vaccino non si trovava. "Non si trovava nelle farmacie, ma non spetta alla Regione rifornirle. Abbiamo fatto fronte ai problemi di nostra competenza acquistando ulteriori quantitativi. Sono state iniettate oltre l’80 per cento di dosi in più dell’anno scorso. Un totale di due milioni e 800 mila vaccini".

Oggi si chiude questo difficile 2020. Lei come l’archivierà? "Come l’anno orribile del coronavirus. Dal 20 febbraio è stato l’unico mio pensiero fisso ogni giorno. Il problema che ho in testa quando mi sveglio al mattino e quello che mi assilla la sera, prima di addormentarmi".

Ci sono anche i problemi giudiziari. L’inchiesta cosiddetta dei camici, che ha coinvolto i suoi familiari più stretti, che ripercussioni ha avuto nel suo privato? "Se intende sconquassi, non ne ha provocati. Dispiacere, quello sì. Se sai di aver agito in malafede, puoi anche mettere in conto di avere dei guai; se invece sei in buonafede tutto ti fa più male".

Non crede di aver commesso un errore? "Parliamo di un momento in cui non c’erano camici per il personale sanitario e bisognava trovarli. Alla Regione sono pervenute quattro offerte di forniture, e tutte sono state accettate per poter procedere all’acquisto. Anche quelle più esose della fornitura finita sotto indagine".

Altro tema spinoso, la mancata chiusura dei comuni di Alzano e Nembro. Tornasse indietro disporrebbe la zona rossa? "Io l’avevo già chiesta. Parlandone al telefono col premier Giuseppe Conte e, di persona, col ministro Roberto Speranza durante la sua visita a Milano del 4 marzo. “Stiamo valutando il da farsi“, la risposta. E il governo ha deciso. Diversamente però. Cioè trasformando in zona arancione la Lombardia e poche altre province prima e, subito dopo, l’Italia intera".

Lei denunciò, anche dalle colonne di questo giornale, un clima di odio e veleni nei confronti della Lombardia. Quella stagione è finita? "Non sono convinto che sia finita. Auspico che succeda, per il bene di tutto il Paese. La Lombardia è stata accusata pretestuosamente, a tavolino. C’è stata una strumentalizzazione politica per creare difficoltà a chi amministra la Regione. Manovra da ritenere riprovevole in una situazione difficile e tragica come questa".

Lei è ancora sotto scorta? "Sì".

I morti nelle Rsa, di chi è la colpa? "Su 708 Rsa che operano in Lombardia, solo 18 hanno accettato di accogliere malati di Covid a bassa intensità. A fronte dei tanti morti, resta il mistero delle altre 690 strutture dove il contagio è esploso nonostante non fossero stati accolti pazienti positivi".

Dunque la delibera regionale dell’8 marzo non era sbagliata? "Prevedeva un’adesione su base volontaria e solo se si era in grado di rispettare tutti i requisiti di sicurezza richiesti dalla Regione. Non solo: il 17 aprile l’Istituto Superiore di Sanità nelle sue linee guida ha adottato gli stessi criteri della nostra delibera. Il grosso dei contagi nelle Rsa è iniziato prima che il virus venisse identificato e questo spiega l’accaduto".

Rimetterete mano alla sanità? "Sì, sicuramente. La legge 23, accusata di ogni male, è in via di sperimentazione e lo sarà fino alle prossime ore. Il ministero, con cui stiamo già dialogando, ha suggerito dei punti su quali apportare modifiche e integrazioni".

A partire da quando? "Stando alla lettera del ministro c’è tempo fino al 30 aprile. Le procedure, in realtà, prevederebbero tavoli congiunti di discussione. Se saremo pronti, non ci sarà bisogno di attivarli".

Che cambiamenti ci saranno? "Il punto centrale è la prevenzione. Il ministero ci chiede di decidere se affidarla all’Ats o agli ospedali. Al momento è distribuita su entrambe queste realtà, ma è un tema su cui non c’è polemica".

Ha detto che la Lombardia ripartirà prima degli altri. Come? "In questi giorni ho ripreso a girare fra le province e ovunque ho incontrato imprenditori e lavoratori che non sono abbattuti ma, al contrario, desiderosi di ricominciare con iniziative nuove. Un piccolo aiuto lo stiamo dando con i provvedimenti che abbiamo varato, dai ristori ai 4 miliardi di investimenti che viaggiano nella stessa direzione di quello che chiede l’Europa".

Per esempio? "Bisogna investire per il futuro, per le generazioni che verranno. È una occasione unica per puntare su infrastrutture materiali e immateriali, su economia circolare e sostenibilità, sulla conoscenza, la ricerca e l’innovazione. In Lombardia bisogna farlo tenendo unite le comunità: le città con i territori. Tutti devono avere le stesse opportunità ed essere facilmente connessi".

Le Olimpiadi invernali del 2026 sono un’opportunità concreta? "Oltre alle risorse annunciate dal governo abbiamo stanziato oltre 500 milioni di euro per creare tutte le infrastrutture che serviranno a rendere più accessibili i siti olimpici, risolvendo criticità preesistenti. Ad esempio, sulla Milano-Lecco, la linea ferroviaria per Sondrio e la tangenziale di Tirano".

Alcune Regioni vedono nel passaporto sanitario uno strumento per far ripartire interi settori. Lo adotterà? "È un modo per far capire all’opinione pubblica l’utilità della vaccinazione anti-Covid. Ma è una scelta che andrebbe condivisa a livello europeo".

Si dice che esista una Lega dei governatori dentro quella di Matteo Salvini. "Sono solo costruzioni giornalistiche. La Lega è una e tutti al suo interno lavorano per risolvere i problemi. A cominciare dalla malaburocrazia. Una piaga che si può combattere. La legge regionale sulla semplificazione che abbiamo approvato a settembre è solo un primo passo. Con gli indennizzi a imprese e partite Iva abbiamo dimostrato che, snellendo le procedure, si può passare dalla delibera alle erogazioni in due settimane. Basta dare fiducia ai cittadini".

Il suo predecessore, Roberto Maroni, tornerà in politica come candidato sindaco a Varese. Gli ha parlato? "L’ho trovato molto carico e mi fa piacere. È una risorsa per la Lega e non solo, perché è un uomo di grande esperienza e di molte idee".

Lei pensa di poter proseguire la sua esperienza politica? Affronterebbe un secondo mandato? "Lo deciderò quando avremo sconfitto il virus e assistito alla ripartenza della Lombardia".  

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