"Fiori contro il brutto della guerra". Il quadro di Giorgio Morandi resta a Milano

Il ministero dei Beni culturali vince la causa contro l’imprenditore proprietario del capolavoro datato 1943. Fino al 1997 è stato parte della collezione di José Luis e Beatriz Plaza, titolari dell’omonima catena di hotel

Il dipinto ‘Fiori 1943’ di Giorgio Morandi

Il dipinto ‘Fiori 1943’ di Giorgio Morandi

Milano – “Non si tratta di un’opera priva di raffinatezza, ma di un raro esercizio di stile e di colore, realizzato con fiori naturali che poco hanno a che vedere coi tanti mazzi impolverati di fiori secchi e che evoca la reazione interiore dell’artista alle brutture della guerra".

Non è stata una decisione facile quella dei giudici del Consiglio di Stato, che, sconfessando anche il parere di un’autorevole critica d’arte contemporanea, hanno ritenuto che il dipinto ‘Fiori 1943’, realizzato dal celebre artista bolognese Giorgio Morandi nel pieno del secondo conflitto mondiale, che rappresenta un mazzo di topinambur, non debba passare i confini e rimanere in Italia perché "opera di interesse culturale" per il nostro Paese.

Il contenzioso legale è iniziato il 20 settembre 2021, quando il proprietario del quadro ha impugnato davanti al Tar il provvedimento dell’Ufficio esportazione della Sovrintendenza archeologica, belle arti e paesaggio di Milano che ha negato il rilascio dell’attestato di libera circolazione, documento indispensabile per il trasferimento all’estero di un bene culturale creato più di 70 anni prima. Nel ricorso di primo grado, i legali del collezionista, un anziano imprenditore dell’hinterland, hanno sostenuto che l’opera non sia affatto rara, facendo un elenco di "moltissimi dipinti simili in collezioni pubbliche o in contesti privati vincolati". A sostegno delle loro tesi, gli avvocati hanno depositato un’analisi del quadro firmata dalla professoressa Marilena Pasquali, già fondatrice e presidente del Museo Morandi di Bologna, nonché fondatrice del Centro studi dedicato all’artista scomparso nel 1964 e presidente del Comitato per il Catalogo Morandi.

Secondo l’esperta, l’opera "non rivestirebbe un particolare significato storico-critico, non risultando tra le opere a tema floreale più riuscite dell’artista nel quinquennio 1940-1944, tanto da non aver ottenuto una particolare fama né espositiva né a livello di pubblicazioni"; e ancora, "la scelta dei topinambur non sarebbe carica di significato, trattandosi di un esperimento, peraltro poco apprezzato dallo stesso Morandi". Anche sulla base di questo autorevole report, nel marzo del 2022 i giudici del Tar hanno accolto l’istanza del proprietario e annullato il diniego dei tecnici al rilascio dell’attestato di libera circolazione.

Il ministero dei Beni culturali si è pero rivolto al Consiglio di Stato per ottenere il ribaltamento della sentenza. Nei giorni scorsi, il collegio presieduto da Hadrian Simonetti ha dato ragione al Governo, "blindando" l’opera di Morandi. I giudici d’appello hanno valorizzato in particolare un aspetto: il dipinto "Fiori" è stato per decenni di proprietà dei coniugi venezuelani José Luis e Beatriz Plaza, "proprietari della famosa catena di alberghi", che negli anni Cinquanta hanno formato tra Bologna e Firenze, "sotto la supervisione dell’artista", una collezione di 27 capolavori con base a Caracas, considerata "la più significativa raccolta di dipinti Morandi nella seconda metà del Novecento" e dispersa solo nel 1997 dopo un’asta milionaria di Sotheby’s.

Di più. Le motivazioni del verdetto hanno valorizzato anche un altro passaggio della relazione storico-artistica della Sovrintendenza: "L’utilità marginale della tutela dell’opera in questione sarebbe da riconoscersi nella rarità qualitativa del pezzo, che non è come pochi altri citati di quegli anni omaggio, un dono a un amico o alla di lui moglie, ma rappresenta piuttosto il frutto della ricerca e della scommessa che Morandi rivolge a se stesso". Conclusione: l’Italia non può rinunciare a un simile capolavoro di arte contemporanea.

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