Milano, 29 novembre 2024 – “Noi non cerchiamo niente, non vogliamo niente. Solo giustizia e verità. Vogliamo sapere cosa è successo al nostro Ramy”. Neda Khaled e Ramy Elgaml stavano insieme da quattro anni. Erano ragazzini, con i sogni di ragazzini pur in un contesto difficile. Oggi lui non c’è più, morto in un incidente in motorino dopo un lunghissimo inseguimento da parte dei carabinieri, forse dopo una rapina. La sua morte ha fatto da miccia a infuocate proteste al Corvetto.
Ma tra i giovani scesi in strada non c’era Neda. “Alla violenza non si risponde con la violenza – commenta la ragazza in un video, rispondendo alle domande del presidente della comunità egiziana a Milano, Aly Harhash, 65 anni –. Due giorni giorni fa hanno investito una ragazzina (investita dal conducente di una Mercedes Glc nel tardo pomeriggio di domenica 25 novembre in via Solaroli, ndr), noi non vogliamo queste cose, non vogliamo altri morti, altre persone che stanno male. Vogliamo solo la verità in modo pacifico e chiediamo anche rispetto, soprattutto per i genitori”.
Proprio i genitori e il fratello del 19enne hanno ripetuto in questi giorni di non volere cedere alla rabbia ma di pretendere di sapere esattamente cosa è successo nella notte tra sabato e domenica scorsi. Qualche risposta potrebbe venire dall’autopsia.
Per loro come per Neda, ovviamente, avere queste risposte è fondamentale ma non riporteranno di certo indietro Ramy. “Non troverò mai nessuno come lui – dice Neda – rimarrò per sempre con Ramy, non la supererò mai. Era una ragazzo d’oro, perfetto, educato, composto, a modo. Portava rispetto a tutti, aiutava tutti, non dava fastidio a nessuno. Si svegliava alle sei del mattino, tornava alle sei di sera, lavorava, era stanco, tornava a casa, riposava, il weekend usciva con i suoi amici, faceva un giro con gli altri e tornava a casa, tranquillo”.
Il legame con l’Italia e con Milano, per Ramy, era molto forte. "Nostro figlio Ramy verrà sepolto in Italia, a Milano, che era la sua città", ha detto questa mattina all'ANSA Yehia Elgaml, il padre. "Ramy era più italiano che egiziano ormai - ha aggiunto il padre -, si sentiva milanese. Che senso avrebbe portarlo in Egitto, dove noi che siamo lontani non potremmo nemmeno andarlo a trovare?".
Per Neda l’importante ora è fare luce sulla dinamica degli ultimi istanti prima dello schianto del T-Max guidato dall’amico di Ramy, il 22enne tunisino Fares Bouzidi, indagato insieme al carabiniere che era alla guida dell’auto all’inseguimento, finito tragicamente all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta. La ragazza ha fiducia nella magistratura: “Sono convinta che ci faranno sapere e che sono dalla nostra parte. Chi sbaglia paga, Ramy ha sbagliato e ha pagato. Se qualcuno ce l’ha portato via deve pagare”.