
Guido Umberto Farinelli in uno dei selfie che inviava ai truffati
Milano - "Gentilissimo dottor Farinelli, gentilissima dottoressa N., vengo a manifestarvi il nostro vivo interesse di instaurare un rapporto contrattualizzato per tutte le tipologie di operatività di intelligence internazionale e nazionale". Il finto 007 Guido Farinelli – arrestato un mese fa dai carabinieri del Nucleo investigativo con l’accusa di aver derubato decine di persone facendosi consegnare grossi quantitativi di denaro per acquistare lingotti d’oro – era quasi riuscito a stipulare un accordo (poi tramontato) con un colosso dell’industria italiana, agganciando un top manager. Quel dirigente, non indagato e sentito di recente per avere la sua versione dei fatti, ha confermato i contatti preliminari con il truffatore, conosciuto in aereo durante un viaggio intercontinentale, che a lui si era presentato come un agente segreto con ottime entrature in uno Stato dell’Africa orientale, in particolare con il presidente e con suo fratello.
Gli screenshot delle mail agli atti dell’indagine testimoniano lo scambio di informazioni nel marzo 2019, solo un mese prima della perquisizione che il 18 aprile consentì agli uomini dell’Arma di sequestrare i cellulari di Farinelli e che di fatto mise fine a gran parte dei raggiri che il quarantasettenne stava mettendo in piedi in quel periodo. Una serie infinita di raggiri, come emerge dalle carte dell’inchiesta che ha incastrato il clone di Leonardo Di Caprio in "Prova a prendermi". Una cosa è certa: non faceva tutto da solo. Gli accertamenti a ritroso, coordinati dall’aggiunto Laura Pedio e dal pm Rosaria Stagnaro e svolti dai militari guidati dal colonnello Michele Miulli e dai tenenti colonnelli Antonio Coppola e Cataldo Pantaleo, hanno ricostruito la rete di presunti complici che avrebbero aiutato l’imbroglione travestito da 007 (che era riuscito persino a ottenere una tessera servizi dal Vaticano spacciandosi per alto ufficiale della Marina militare) a portare a termine i suoi piani, in alcuni casi “coprendolo” con le vittime e in altri coadiuvandolo nel trasferimento dei soldi via via accumulati illecitamente.

C’era una donna, ad esempio, immortalata davanti a un noto albergo del centro durante un pedinamento: nelle conversazioni Whatsapp recuperate, lei e Farinelli parlavano in continuazione di Iban e di "operazioni da chiudere" per far sì che "questo sia il nostro anno", con tanto di foto di estratti conto. A proposito di estratti conto, un altro personaggio-chiave finito sotto i riflettori è un impiegato di banca, che dal suo ufficio avrebbe gestito personalmente le finanze del falso agente segreto, utilizzando anche un conto privato per non destare sospetti sulle costanti e ingenti movimentazioni. E poi c’era un uomo di origine africana che, stando a quanto risulta, era perfettamente a conoscenza del modus operandi di Farinelli e che sarebbe l’autore delle foto con i lingotti d’oro che lo 007 inviava ai truffati per convincerli della bontà delle compravendite (farlocche) alla base del “sistema”. Nel gruppo c’era infine una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine, un pregiudicato specializzato nello stesso ramo criminale del “capo”: i raggiri. Il suo lungo curriculum, che parte dal 2003 e che spazia dall’hinterland milanese al Veneto e alla Capitale, comprende reati come falsificazione di monete, falsità in testamento olografo, frode informatica e riciclaggio. Peccato che, almeno a leggere i messaggi tra Farinelli e la donna, pure lui alla fine sia stato gabbato dall’implacabile 007: "Sarà incazzatissimo, ma è grazie a questa cosa che siamo riusciti a fare soldi per noi e cambiare la nostra vita".