Fabrizio Corona, giudici gli restituiscono 1,9 milioni di euro

Disposta la confisca della casa. Respinta la richiesta di aggravamento della misura della sorveglianza speciale: non è stato ritenuto socialmente pericoloso

Fabrizio Corona

Fabrizio Corona

Milano, 9 marzo 2018 - La Sezione misure di prevenzione del Tribunale ha disposto la restituzione di circa 1,9 milioni di euro che facevano parte  del cosiddetto "tesoretto" sequestrato all'ex fotografo dei vip tra l'ottobre 2016 e il gennaio successivo: circa 2,6 milioni di euro complessivi, tra gli 1,7 milioni murati nel controsoffitto della sua storica collaboratrice Francesca Persi e gli altri 860 mila euro nascosti in due cassette di sicurezza di una banca di Innsbruk, in Austria. I giudici milanesi hanno disposto il dissequestro della maggior parte della somma perchè, come ha spiegato Ivano Chiesa, che difende l'ex re dei paparazzi insieme al collega Luca Sirotti, 1,9 milioni sono soldi "lecitamente guadagnati da Corona, frutto del suo lavoro. E non c'è nessuna ragione per trattenere quel denaro".

Nel provvedimento, i giudici hanno scritto che Fabrizio Corona ha guadagnato notevoli somme di denaro attraverso la sua detenzione. "L'abilità di Corona - si legge nel documento dei giudici, presieduti da Giuseppe Cernuto - e' stata tale da comprendere lo sfruttamento commerciale dello stesso stato detentivo cominciato nel gennaio del 2013, tramite l'alimentazione di una serie di interviste, servizi televisivi, presenze sui social, pubblicazione di libri di memorie e avviamento di progetti anche meno convenzionali e più fantasiosi, come il lancio di un Prosecco prodotto da una società svizzera e il cui brand avrebbe dovuto essere abbinato alla sua persona, prendendo la denominazione di '900' come i giorni trascorsi in carcere". Quei soldi, ad ogni modo, come precisato nel provvedimento, dovranno tornare alla Fenice srl "in liquidazione" e alla Atena srl, le due società "riconducibili" all'ex agente fotografico.  In particolare, i giudici hanno decretato la restituzione di poco più di un milione di euro alla Fenice srl (società in liquidazione e, dunque, i soldi potranno anche servire a soddisfare gli eventuali creditori) e hanno dato l'ok alla confisca della restante parte dei soldi trovati nel controsoffitto, ossia di 758mila euro. Gli 843mila euro trovati in Austria (dove tra l'altro è pendente un'inchiesta per riciclaggio), invece, devono tornare ad Atena srl.

I giudici nel decreto evidenziano come, tra il 2007 e il gennaio 2013, Corona sia stato socialmente pericoloso, un periodo in cui, tra l'altro, ha acquisito "i beni posti sotto sequestro" dal Tribunale, ossia le somme in contanti e "l'appartamento" di via De Cristoforis. Una pericolosità caratterizzata, a detta del collegio, dalla "chiara attitudine alla consumazione di reati contro il patrimonio, fiscali e di bancarotta". Una pericolosità che "fino all'arresto del gennaio 2013" - quando è finito in carcere per la vicenda dei soldi in contanti (il processo, però, ha fatto cadere l'accusa principale di intestazione fittizia) - "è stata particolarmente spiccata". I giudici parlano anche di "ricerca costante di introiti di origine illecita» e sottolineano che parte dei soldi della vendita della casa andarono ad un "pregiudicato calabrese", ma poi valorizzano il fatto che nell'ultimo periodo Corona abbia dato «impulso ad un complesso percorso di ristrutturazione del debito erariale, personale e delle società che gli sono riconducibili". Un percorso "verosimilmente indotto dal sopraggiungere di sequestri di prevenzione e dal successivo processo penale, ma ciò nonostante da apprezzare nella sua oggettività". I giudici hanno deciso quindi di non aggravare la misura della sorveglianza speciale, come chiedeva invece la Dda.

E' stata, invece, confiscata, così come aveva chiesto il pm Alessandra Dolci, la casa milanese di Corona: un appartamento di lusso in via De Cristoforis, nella zona della movida di Corso Como, del valore di oltre 2 milioni, formalmente di proprietà di Marco Bonato, suo ex braccio destro. "L'avevamo detto in epoca non sospetta, cioè al momento dell'arresto di Fabrizio, che era soltanto una questione fiscale", è il commento degli avvocati Chiesa e Sirotti. "Questa sentenza - hanno tenuto a sottolineare i legali - è per noi motivo di grande soddisfazione, anche se non si puà dimenticare il sofferto percorso di Corona che per questa vicenda ha trascorso 16 mesi in carcere".

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