Ex Galbani, il giorno del riscatto

Le Officine Mak, colosso della rigenerazione urbana, si aggiudicano all’asta lo storico caseificio abbandonato.

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di Barbara Calderola

Un’altra ex gloria industriale, la Galbani di Melzo, finisce sotto i ferri di Officine Mak. E’ Daniele Consonni, ceo del colosso della rigenerazione urbana, ad essersi aggiudicato l’asta che ha fatto sudare sette camicie al sindaco Antonio Fusè. Non perché l’area sia pubblica – è privata – ma perché il vecchio caseificio di 90mila metri quadrati ormai simbolo del degrado, "è una ferita in pieno centro". Dopo tante attese deluse, - non si contano i costruttori che si sono fatti avanti negli anni ma senza mai impegnarsi, - alla fine è arrivata la svolta.

E con "un nome" nel campo. Come raccontano gli interventi in cantiere, o appena completati, firmati dall’acquirente, tutti con lo stesso Dna: recupero di zone che sono state punto di riferimento, poli di sviluppo ormai in decadenza, sostituiti da case, negozi, servizi, opere pubbliche a scomputo oneri. Un copione che si ripeterà anche per il maxi-stabilimento melzese e le porcilaie in periferia. Il silenzio spettrale che ha preso il posto del vociare di centinaia di operai dopo il suono della sirena verrà di nuovo riempito. Due lotti, un’unica vendita, per il compratore che nel curriculum vanta la bonifica dell’ex Nokia, a Cassina, altra ferita per il territorio, con tanto di ristorante donato ai ragazzi di PizzAut, e il restyling dell’ex Idalium, a Vimodrone, il palazzo blu sulla Padana che presto lascerà posto a un nuovo quartiere. Mentre, all’ingresso di Cassano, la società realizza la nuova tenenza, presidio dell’Arma, dopo il trasferimento della Compagnia carabinieri a Pioltello. Non solo. A Concorezzo, Consonni ha ricucito lo strappo Frette, la teleria dei Savoia e di migliaia di famiglie e di hotel nel mondo, dopo la chiusura dello storico stabilimento brianzolo.

La missione, dappertutto, è la stessa: "Riqualificare aree dismesse e ridonarle alla comunità", spiega l’amministratore delegato. Interventi che sono la risposta alla deindustrializzazione che non ha certo risparmiato l’hinterland milanese, il lavoro non manca ci sono da riconvertire reparti e capannoni un po’ dappertutto.

Un programma che farà di Melzo una tappa nella cartina della rinascita: "Adesso, tocca a noi", dice Fusè che per scaramanzia non ha ancora voluto brindare all’operazione. Troppo lungo e penoso il cammino verso la seconda vita della latteria per abbandonarsi a facili entusiasmi, nonostante Officine Mak abbia presentato un’offerta irrevocabile con caparra sui 4 milioni che erano la base d’asta lanciata dal tribunale. Anche qui arriveranno le sue ruspe per abbattere la fabbrica che ha scritto un pezzo di Novecento e che ora è un cimitero di ricordi coperto da sterpaglie.

"Una brutta cartolina per chi passa in treno e conserva di noi un’immagine fuorviante. Presto, però, sarà tutto diverso". Il Comune recupererà pure i mancati introiti per tasse di tanti anni, "3 milioni, una cifra enorme. Siamo un creditore privilegiato", ricorda il sindaco mentre mette in fresco lo spumante.

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