Milano – È definitiva l’assoluzione di Loris Grancini, storico capo dei Viking, gruppo ultrà della curva della Juventus, che era stato condannato in primo grado nel dicembre 2019 a 5 anni e mezzo per tentata estorsione e poi assolto con formula piena nell’aprile del 2022 dall’accusa di aver minacciato, assieme ad altri, il titolare di una società milanese di eventi sportivi per costringerlo, sosteneva la Procura milanese, "a procurare loro biglietti" con una "corsia preferenziale" per le partite, tra cui un match di Champions tra Juve e Real Madrid del 2015.
I giudici della terza penale d’appello (Gazzaniga-Gargiulo-Lai) avevano assolto "perché il fatto non sussiste" Grancini, difeso dall’avvocato Luca Ricci, e con la stessa formula anche gli altri due ultrà imputati Christian Mauriello (per lui 5 anni in primo grado) e Christian Fasoli (che era stato condannato a 4 anni), difesi entrambi dall’avvocato Marco Ventura. La Cassazione ora ha dichiarato inammissibile il ricorso del titolare della società di eventi sportivi, che con la sua denuncia aveva fatto scattare le indagini condotte dalla Digos e coordinate dal pm Enrico Pavone. Secondo l’accusa poi caduta, Grancini – arrestato nel dicembre 2017 per scontare 13 anni e 11 mesi, tra cui una condanna per tentato omicidio – sarebbe entrato a fine aprile 2015 nel punto vendita biglietti nel Milanese, insieme a Mauriello e Fasoli, e avrebbe detto: "Bello alto qui, sai come brucia facilmente?". I tre ultrà sarebbero entrati nel locale per "ottenere" dall’uomo "i biglietti che erano stati erroneamente stampati" e poi annullati: il titolare della biglietteria aveva infatti cancellato l’emissione di 250 ticket dello stadio per ragioni tecniche.
Nel maggio 2017, poi, sempre Grancini si sarebbe presentato di nuovo nel punto vendita per chiedere l’"emissione" di biglietti per Juve-Crotone da dare a "certi personaggi calabresi di Corsico" e di fronte al rifiuto del titolare avrebbe risposto: "Vedi di farmeli recuperare". Sempre a maggio 2017, infine, gli ultrà avrebbero cercato di recuperare anche biglietti per la sfida Roma-Juve e in quell’occasione Grancini avrebbe anche mimato, scriveva la Procura, "il gesto del caricamento di un’arma da fuoco". Tutte le accuse, però, che avevano retto in primo grado (il Tribunale aveva inflitto pene più pesanti rispetto a quelle richieste dal pm) sono cadute con le assoluzioni definitive per i tre imputati. Secondo l’accusa, poi caduta, Grancini tra le altre cose avrebbe detto: "Bello alto qui, sai come brucia facilmente?". Ipotesi d’accusa che non hanno retto in secondo grado.
Il “riferimento all’origine calabrese dei destinatari dei biglietti" che, secondo l’accusa, l’ultrà avrebbe preteso "non può dirsi di per sé minaccioso", aveva scritto la Corte nelle motivazioni delle assoluzioni. Per i giudici, poi, "non aveva alcun fine logico tenere condotte minacciose, allo scopo di ottenere la consegna di biglietti che erano già stati annullati, su richiesta della società".
L’inizio della storia criminale di Grancini, celebre negli ultimi anni anche per la partecipazione ad alcuni tornei del circuito professionistico di poker (rilanciati anche dalle tv) risale alla sparatoria del 9 maggio 1998 in viale Faenza, alla Barona. Per uno sgarro sentimentale in ambienti dov’era facile pagare col piombo, il ‘presidente’ dei Viking rimase ferito da due proiettili alla testa ma si salvò. Tra i condannati per quell’episodio, anche il narcotrafficante Nazzareno Calaiò, di recente arrestato dal Ros dei carabinieri.