
Anna Prandoni, globetrotter della cucina di Busto Arsizio: la Tv dà visibilità, il settore deve restare di alto artigianato senza fazioni.
Anna Prandoni, 48 anni, giornalista enogastronomica e scrittrice, firma di punta nel settore, è nata a Busto Arsizio, città dove vive quando non è in giro per l’Italia per la sua attività, diffondere la cultura della cucina e del cibo, un enorme patrimonio italiano che ha bisogno di una conoscenza responsabile e di cui parla nel suo ultimo libro “Il senso buono”. Nella soffitta dei ricordi c’è un giocattolo ricevuto da bambina, desiderato e poi arrivato, che ancora conserva, già un “indizio” su ciò che avrebbe poi fatto da grande, il “dolce forno” con tanto di libretto di ricette arricchito di appunti personali. Una bambina che anziché figurine per l’album ritagliava le recensioni di ristoranti da una famosa guida di un noto settimanale che poi incollava su un quaderno, anche questo conservato. Chiaro da questi segnali che la cucina e scrivere di cucina sarebbero stati nel suo destino. Anna Prandoni ha nel curriculum importanti collaborazioni e direzioni, è stata direttrice responsabile de “La cucina italiana” e di “Grande cucina”, web editor di Italian Gourmet, responsabile dei corsi gourmet e digital advisor per l’Accademia Gualtiero Marchesi, oggi cura “Gastronomika”, quotidiano sulla cultura e l’industria del cibo e del vino de “Linkiesta”. Con lei non si parla di ricette, ma di cucina, un modo per raccontare la società e i suoi cambiamenti. Oggi la cucina è molto presente in tv, che ne pensa?
"È spettacolo, è intrattenimento, non è la realtà, ma ha dato visibilità a un settore che a lungo è stato ai margini, un mondo di cui fanno parte moltissimi professionisti che fanno il loro lavoro con passione e sacrifici. Serve la vocazione per resistere. Ho conosciuto moltissimi chef e anche quando non erano famosi da ognuno di loro ho imparato che cosa vuol dire lavorare in una cucina e gestire le persone. Per me un maestro straordinario è stato Gualtiero Marchesi, che mi chiamò per dirigere l’Accademia. Aveva una grande ricchezza umana e intellettuale che sapeva trasmettere. Marchesi mi ha insegnato a pensare al lavoro nel settore a livello culturale, quindi non è mangiare e poi scrivere recensioni, ciò che è stato in passato, oggi è raccontare la società, il mondo è a tavola con i suoi cambiamenti, con le sue contaminazioni".
La cucina è cultura, come l’arte, la musica, la letteratura?
"Certamente, mangiare è un atto culturale, l’ho imparato grazie agli incontri che ho avuto con grandi professionisti e soprattutto con Marchesi, ritengo proprio grazie a quegli esempi che la cucina sia artigianato di grande qualità e sia cultura perché ci racconta moltissimo della società, del momento storico che si sta vivendo, delle religioni, delle guerre, pensiamo alla questione del grano con la guerra in Ucraina e ci permette di capire il diverso, l’altro che viene da altri Paesi, quindi che cosa mangia, come lo fa, il perché di certe scelte alimentari. Nel modo di cucinare c’è la storia, la civiltà di un popolo, lo diceva Mario Soldati, il primo, grande e vero divulgatore".
Ci sono momenti particolari negli ultimi anni che hanno segnato il settore?
"Torniamo indietro al 2020, la pandemia, l’emergenza Covid che stravolge le nostre vite, tutti a casa a cucinare, in quel periodo ho intervistato i cuochi stellati, stavano subendo una situazione drammatica, i ristoranti chiusi, molti si sono messi a piangere, ho imparato in quelle situazioni che la cucina può essere il conforto principale, uno dei mezzi più potenti per unire le persone, molti di quei cuochi in quei mesi sono andati a lavorare nelle mense degli ospedali. Una lezione umana".
Oggi di che cosa ha bisogno il settore enogastronomico?
"Di buon senso, questa la risposta alle fazioni che si scontrano a tavola sul cibo, la risposta alle mode, dobbiamo incontrarci sul terreno del buon senso, quello che ci permetterà di progredire e arrivare a un nuovo modello, agricolo, sociale, culturale, autenticamente sano per l’uomo e per la terra". Ha una ricetta del cuore? "Certo, ho avuto due nonne appassionate di cucina, Giuseppina e Jone, da nonna Jone ho imparato la ricetta del risotto rosso con le patate, quando posso lo cucino, sempre con grande soddisfazione". Il “buon senso” delle nonne a tavola.