Caso dj Fabo, il Governo non fa sconti

Suicidio assistito: l’Esecutivo ha deciso di difendere in Consulta la costituzionalità della norma che vieta di aiutare chi vuole morire

Marco Cappato in aula a Milano

Marco Cappato in aula a Milano

Milano, 4 aprile 2018 - Il Governo difenderà la norma del codice penale che vieta l’aiuto al suicidio. Nell’ultimo giorno utile si è costituito davanti alla Corte Costituzionale nel procedimento sollevato dalla Corte d’assise di Milano che sta processando il radicale Marco Cappato per la morte in Svizzera di Fabiano Antoniani, dj Fabo, il 40enne rimasto cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale.

A febbraio, concluso il dibattimento nei confronti di Cappato, che per aver accompagnato Antoniani a morire con suicidio assistito nella clinica elvetica rischia fino a 12 anni di reclusione, i giudici decisero di trasmettere gli atti alla Consulta perché valuti la legittimità costituzionale del reato introdotto nel lontano 1930 dal ministro di Mussolini, Alfredo Rocco. Ieri, ultimo giorno utile, il governo Gentiloni ha dato mandato all’avvocatura dello Stato di costituirsi nel procedimento a difesa della costituzionalità dell’articolo 580. L’incostituzionalità era stata eccepita sia dalla Procura milanese - che neppure avrebbe voluto celebrare il processo a Cappato, per il quale aveva chiesto l’archiviazione, poi respinta - sia dalla difesa dell’esponente radicale. I giudici della Corte d’assise - presieduti da Ilio Mannucci Paci, a latere Ilaria Simi De Burgis, sei i giudici popolari - al termine del dibattimento accolsero l’istanza dei pm e dei legali e disposero la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Per i giudici milanesi, all’individuo è «riconosciuta la libertà» di decidere «come e quando morire» in forza di principi costituzionali e anche della recente legge sul testamento biologico. Ma se la libertà di scelta del cittadino su vita e morte non è in discussione, allora anche l’aiuto al suicidio non dovrebbe essere punibile purché ovviamente «non pregiudichi la decisione di chi eserciti questa libertà». È su questa lettura della norma «di epoca fascista» che, in sintesi, la Consulta è chiamata ad esprimersi. Sull'eventualità che il governo Gentiloni decidesse di presentarsi davanti alla Corte Costituzionale, la politica si era ovviamente divisa. Da un lato c’era l’ appello di giuristi promosso dai radicali e già sottoscritto da 15mila italiani per chiedere all’Esecutivo di non intervenire: tra i firmatari lo scrittore Roberto Saviano, il preside di Giurisprudenza della Statale di Milano Nerina Boschiero, il professore emerito di diritto penale Emilio Dolcini, il matematico Piergiorgio Odifreddi, il ginecologo Carlo Flamigni, l’ex professore di diritto costituzionale a Pavia Ernesto Bettinelli. Dall’altro, a premere per la discesa in campo c’era il leader del Family day Massimo Gandolfini, la Lega, il Centro studi Livatino, dal nome del giudice ucciso dalla mafia.

Di pari passo vanno da ieri le reazioni. Secondo fonti del ministero di Giustizia, l’intervento del Governo sarebbe necessario solo perché la dichiarazione di incostituzionalità della norma potrebbe lasciare impunite condotte che nulla hanno a che fare con la tematica del rispetto delle volontà dei malati terminali. Invece la norma, spiegano, già non sanziona il comportamento di chi, nel rispetto delle volontà del malato, gli fornisca le informazioni e la collaborazione nelle fasi antecedenti al compimento materiale del gesto. Cappato da assolvere dunque? Per l’avvocato radicale Filomena Gallo «la scelta del Governo è, oltre che del tutto legittima, anche pienamente politica, visto che l’Esecutivo avrebbe potuto altrettanto legittimamente agire in senso opposto e raccogliere l’appello lanciato da giuristi». E mentre il Movimento per la vita esprime il suo apprezzamerto per la scelta di Gentiloni, Cappato conclude via Twitter: «Noi comunque andiamo avanti».

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