Diventata donna dopo l’intervento chirurgico: "Il mio sogno? Una vita normale"

Marjka Stancampiano ha ottenuto le modifiche sui documenti.

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di Annamaria Lazzari

Ha dovuto attendere due anni per ottenere dal tribunale di Milano e dalla burocrazia le modifiche al documento d’identità, dopo essere diventata donna a tutti gli effetti. A scuola è stata un’incompresa. Sul lavoro ha subito mobbing.

Alla base lo stigma sulla condizione transessuale, termine che peraltro a lei non piace: "È un’etichetta dispregiativa, dalla gente viene assimilato al concetto di prostituta. Meglio donna non genetica. Chi vive questa condizione soffre una continua discriminazione, non solo linguistica" afferma Marjka Stancampiano, nata biologicamente uomo 42 anni fa e milanese.

Gli unici punti fermi della sua vita ora sono il suo compagno - con cui è assieme da vent’anni - e la raggiunta corrispondenza fra sesso biologico e quello psicologico, dopo l’intervento chirurgico o - come dice lei - "la conclusione dell’iter", nel 2018. Il percorso di consapevolezza era iniziato prima e non è stato indolore: "Non sono diventata donna a causa di una famiglia disastrata, la mia è normalissima. Sono nata diversa, da piccola mi sentivo una bambina. Il problema a scuola sono stati gli insegnanti che non capivano la mia condizione – il fatto che mi integrassi più con le mie compagne, la mia sensibilità. Pensavano fossi "malata" e mi hanno dirottato sugli psicologi. La mia infanzia è stata costellata dai colloqui coi dottori" racconta Marjka. Durante la pubertà anche il corpo diventa un "nemico": "Era una lotta continua, con la barba e tutto il resto. Ne venni travolta. La scuola che avevo scelto, l’Itis Natta, è stato un buco nell’acqua". Al Centro per la Disforia di Genere dell’ospedale Niguarda da maggiorenne inizia a seguire una terapia ormonale. Le pillole hanno l’effetto di minimizzare i caratteri sessuali secondari maschili e sviluppare quelli femminili, con la soppressione del testosterone e la somministrazione di estrogeni. "Dopo alcuni mesi la barba scompare" spiega. Si butta nel lavoro, come commessa nelle profumerie ma nell’ultima - una grande catena - le cose non si mettono bene: "Ho subito delle persecuzioni fino a quando nel 2010, dopo esser caduta in depressione, mi hanno licenziato".

Poi ha lavorato in un negozio di animali. "Dal 2014 sono a spasso. Nessuno mi ha aiutato, neppure le varie associazioni.

Le offerte di lavoro che ho ricevuto e ho sempre respinto erano come prostituta. Io vorrei soltanto tornare a lavorare in una profumeria, sogno una vita "normale".

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