Milano, Delpini alla città: "E gli altri? L'individualismo radice dell'infelicità"

Nel discorso pronunciato in Sant'Ambrogio dall'arcivescovo durante i Vespri per il patrono, un forte richiamo a non lasciare indietro i più deboli

Arcivescovo Mario Delpini

Arcivescovo Mario Delpini

"Voglio fare l'elogio del realismo della speranza che risponde all'annuncio di una promessa. Il realismo della speranza rende desiderabile che continuino a nascere da un papà e da una mamma bambini e bambine, che siano circondati da ogni cura e introdotti nella vita come promessa di futuro". Lo ha sottolineato l'arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, nel discorso alla città  pronunciato durante i vespri per la solennità di Sant'Ambrogio, patrono di Milano. Un discorso diretto, che affronta i principali nodi della società contemporanea senza risparmiare critiche, come anticipa già il titolo 'E gli altri? Tra ferite aperte e gemiti inascoltati: forse un grido, forse un cantico'. E gli altri? E' la domanda ricorrente nei tre capitoli di cui si compone il discorso, intitolati rispettivamente Elogio dell'inquietudine, del realismo della speranza e infine della politica.

Il testo completo del discorso di Delpini /PDF

Società: individualismo radice dell'infelicità del nostro tempo

"Si può comprendere così che una mentalità individualistica che censura la speranza sia tra le ragioni profonde della crisi demografica che invecchia la nostra società", ha aggiunto Delpini che poi ha parlato anche del disagio giovanile. "Più che di emergenza e di disagio si deve forse parlare di una invocazione che le giovani generazioni ci rivolgono: 'Dateci buone ragioni per diventare adulti! Non si deve certo sottovalutare il contributo che possono offrire le competenze specialistiche per affrontare le difficoltà che incontrano gli adolescenti. Ma è decisivo che i genitori, gli insegnanti, gli educatori delle nostre comunità siano adulti che, in rapporto con questi 'altri' che sono le giovani generazioni, sappiano testimoniare che vale la pena diventare adulti, essere padri e madri, assumere responsabilità nella professione e nella vita sociale".

La basilica di Sant'Ambrogio gremita per il discorso alla città di Delpini

La casa: appartamenti a prezzi inaccessibili

"Se si continua cosi', che cosa resterà di Milano?" è il sottotitolo del primo capitolo. Il prelato "elogia" l'inquietudine che bussa alle porte della paura di una città in cui "l'antico segno della civiltà imponeva un criterio: "prima le donne e i bambini", cioè: prima devono essere messi in salvo quelli che non possono salvarsi da soli. Si è smarrito il segno della civiltà?". "La città - ha affermato Delpini nel suo discorso - che corre, la città che riqualifica quartieri e palazzi, la città che fa spazio all'innovazione e all'eccellenza, la città che seduce i turisti e gli uomini d'affari, la città che demolisce le case popolari e costruisce appartamenti a prezzi inaccessibili. Dove troveranno casa le famiglie giovani, il futuro della città? Dove troveranno casa coloro che in città devono lavorare, studiare, invecchiare?".

Il lavoro: l'ottimizzazione delle risorse ignora la qualità di vita

Nel suo lungo discorso Delpini ha affrontato anche il tema del lavoro e precisamente "l'organizzazione del lavoro che controlla la produttività e ignora gli orari della famiglia, che controlla l'ottimizzazione delle risorse e ignora la qualità di vita delle persone, che prepara strumenti per valutare la sostenibilità ambientale e ritiene secondaria la sostenibilità sociale. Come potranno vivere quegli onesti lavoratori che si ritrovano a fine mese una paga che non copre le spese che la vita urbana impone loro?".

Migranti: no a civiltà che lascia morire popoli

L'inquietudine elogiata da Delpini riguarda anche i fenomeni migratori: "Come si può giustificare un sistema di vita che pretende il proprio benessere a spese delle risorse altrui? Come si può immaginare una civiltà che si chiude e muore e lascia morire popoli pieni di vita?". "Faccio l'elogio dell'inquietudine - ha spiegato Delpini - perché mi faccio voce della comunità cristiana, della tradizione europea e italiana, della lungimiranza sui destini della civiltà occidentale e, d'altra parte, non ho la pretesa di giudicare sbrigativamente o di disporre di ricette risolutive". "Pensieri, decisioni, interventi - ha auspicato l'Arcivescovo di Milano - siano attenti alla complessità e là dove sembra produttivo e popolare essere sbrigativi e semplicisti, istintivi e presuntuosi, l'inquietudine suggerisca saggezza e disponibilità al confronto, studio approfondito e concertazione ampia, per quanto possibile"

Politica: cura bene comune sia oltre interessi di partito

Infine l'appello agli amministratori pubblici e ai politici: "Chi ha responsabilità deve guardare lontano. La popolarità o l'interesse, il prestigio o il vantaggio personale sono guadagni troppo meschini e troppo improbabili per motivare un impegno quotidiano spesso logorante e poco confortato da risultati. Si deve affermare che la cura per il bene comune, oltre il proprio interesse o l'interesse del proprio partito, l'impegno che trova motivazione nell'inquietudine e nel realismo della speranza si chiamano 'politica'. Voglio perciò fare l'elogio della politica, di questa politica. Una sorta di scetticismo pervade l'animo lombardo nei confronti delle intenzioni e dei risultati dell'azione legislativa e dell'applicazione delle leggi. Voglio fare l'elogio della politica che si esprime nella democrazia rappresentativa, il sistema costituzionale in cui viviamo, esito di un doloroso travaglio, della tragedia della guerra, dell'oppressione della dittatura, della sapienza dei legislatori - ha concluso -. Voglio esprimere apprezzamento e incoraggiamento per tutti i cittadini che in questa politica si impegnano, per quelli che accettano di essere candidati nel servizio delle comunità locali"

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