Disastro ferroviario, dopo 4 anni la ferita sanguina

A Pioltello si è tenuta la cerimonia per ricordare l’incidente del 25 gennaio 2018 nel quale persero la vita tre donne e 23 rimasero feriti

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di Barbara Calderola

Anche il cielo grigio ricorda quello di quattro anni fa: 25 gennaio 2018, il giorno della morte sui binari di tre donne a Pioltello, "pendolari come tanti che ogni mattina alle 7 erano già in carrozza per andare a fare il proprio dovere e che non sono più tornate a casa".

La sindaca Ivonne Cosciotti rende omaggio alla memoria di Ida Milanesi, Pierangela Tadini e Alessandra Giuseppina Pirri, le vittime del deragliamento del Treno10452 che provocò anche 23 feriti. Una scena apocalittica si parò davanti agli occhi dei soccorritori, una piccola rappresentanza ieri era in stazione per la cerimonia in loro onore organizzata dal Comune. "Non deve succedere più", ha detto la prima cittadina che ha chiesto con forza che il processo che sta ricostruendo i fatti arrivi a sentenza: "Non è una caccia alle streghe, non ci interessa il colpevole, è l’unico modo che abbiamo per rimediare alle falle che hanno causato quell’inferno". Nessuno qui ha dimenticato le carrozze accartocciate come se fossero di cartapesta e finite tra la banchina e la testa del convoglio, dove hanno trovato la morte una dottoressa, una ragioniera e una mamma. Tre storie diverse "legate da una fine per la quale non possiamo darci pace".

Solo lo sforzo che quel giorno fecero tutti, "don Marco Taglioretti a Limito aprì subito la chiesa per trasformarla in pronto soccorso, gli impiegati del Comune lasciarono le loro scrivanie e corsero qui ad aiutare i feriti insieme alla protezione civile, alla la Croce bianca, alla Croce Rossa e alla polizia locale. Sono la sola luce che illumina quelle ore terribili fra macerie e speranze spezzate". Una corona semplice appoggiata al muro testimonia che il tempo non cancellerà le urla, il terrore, lo strazio, il desiderio di giustizia "di una comunità e di un intero Paese. Siamo qui per dire che non dimenticheremo mai chi non ha più voce per chiedere".

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