Coronavirus, la protesta: "Disabili condannati ad un lockdown senza fine"

Il terzo settore contro la Regione: illogica e discriminante la delibera che stabilisce le stesse regole per le RSA e i centri per la disabilità

Una persona diversamente abile

Una persona diversamente abile

Milano, 12 giugno 2020 - «Questa delibera recepisce poco o nulla delle osservazioni, dei suggerimenti e dei consigli degli enti di Terzo settore che, ripetutamente, hanno chiesto di non omologare la realtà degli anziani con quella della disabilità, delle dipendenze, della salute mentale, della neuropsichiatria, dei minori, rispettando i diversi bisogni dei lombardi».  Così si legge nella nota congiunta diramata ieri da Forum Terzo Settore, Alleanza Cooperative Italiane, Anffas Lombardia, Arlea, Ledha, Ceal, Cnca e Uneba. A suscitare la delusione delle associazioni che si occupano di disabilità è la delibera con la quale martedì la Giunta regionale ha approvato le regole da osservare in questa nuova fase dell’emergenza Coronavirus in tutti i servizi residenziali sociosanitari, senza distinzione alcuna.

Una delibera che accomuna, quindi, le Residenze Sanitarie per Anziani (RSA) ai servizi per la disabilità, tra i quali le Residenze Sanitarie per Disabili (RSD) o le Comunità Socio Sanitarie (CSS), senza badare al fatto che gli ospiti di tali servizi abbiano età ed esigenze diverse. Prima dell’approvazione, le associazioni avevano chiesto alla Regione di non uniformare i centri e i servizi residenziali per disabili alle RSA perché i primi, a differenza delle seconde, ospitano persone giovani e adulte che devono poter uscire e rientrare dai centri per seguire progetti e attività o, più semplicemente, per i piccoli riti del quotidiano in modo che non sia minata la qualità della loro vita e la loro autonomia. Niente da fare, invece.

«Questa delibera disegna un impianto che avrebbe potuto considerarsi adeguato forse all’inizio della pandemia, quando sarebbe stato più che mai necessario rendere impermeabili i servizi residenziali, e in particolare le RSA, alla diffusione del Covid-19 – scrivono le associazioni –. Ma sappiamo tutti che le cose sono andate diversamente. Applicarla oggi significa pensare coloro che vivono nei servizi residenziali non come persone, con gli stessi diritti e doveri di tutte le altre, ma come dei “ricoverati” che devono essere semplicemente curati e assistiti possibilmente rimanendo all’interno delle strutture». 

«Le nostre richieste di prevedere atti distinti per i vari servizi sono rimaste inascoltate – sottolineano ancora i firmatari della nota –. Tutto confluisce in un unico calderone, dove la matrice sono gli interventi previsti per le RSA che vengono poi applicati per tutta la filiera dei servizi per le persone con disabilità e fragilità di diverse età e con diverse tipologie di menomazioni e compromissioni. Pensare di garantire sicurezza e dignità applicando le stesse regole a persone ultra-ottantenni con diverse patologie e a persone giovani e adulte, ad esempio, con disabilità intellettiva, con problemi di dipendenza o senza particolari problemi di salute, prima ancora di essere sbagliato risulta essere illogico. Le restrizioni agli ingressi rimangono quelle del lockdown, quando tutti i cittadini, a prescindere dalle proprie condizioni di salute, vivevano barricati in casa. Ora si prospetta che, mentre il resto della società si apre a nuove relazioni sociali, la fase di confinamento per tutte le persone che vivono nei servizi residenziali si prolunghi a tempo indeterminato, indipendentemente dalle loro condizioni di salute. Le relazioni familiari continueranno, per chi ce la può fare, sempre e solo attraverso lo schermo di un computer».

Non è finita, però.  «La delibera – si legge sempre nella nota – costruisce un sistema di relazioni che al posto di definire una rete di corresponsabilità tra persone con fragilità, famiglie, enti gestori, Comuni e ATS scarica tutto l’onere sul cosiddetto “Referente Covid-19” designato dagli enti gestori, che dovrà essere accompagnato da un Comitato multidisciplinare le cui funzioni e responsabilità non sono del tutto chiare, ma i cui costi saranno a carico degli enti gestori». «Gli aspetti positivi di questa delibera sono ben pochi. Tra questi c’è l’estensione dello screening sierologico agli operatori e a tutte le persone ospitate nelle strutture prevedendo il costo a carico del servizio sanitario regionale».

mail giambattista.anastasio@ilgiorno.net

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