Dieci rinviati a giudizio per l’omicidio di Simone

In Corte d’Assise due dei ragazzi coinvolti nella rissa, sette in abbreviato. Uno patteggia. Per altri nove accolta la richiesta di messa alla prova

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di Barbara Calderola

Tre mesi fa gli arresti, ora il rinvio a giudizio per i maggiorenni della rissa di Pessano finita con la morte di Simone Stucchi. Il 29 settembre 2021 l’edicolante di Vimercate, 22 anni, fu accoltellato durante un regolamento di conti fra gruppi rivali per un debito di droga. La vittima si era unita ai suoi per aiutare un amico di infanzia, Davide Colombi, presunto capo della fazione brianzola, e oggi imputato. Fra due mesi per l’omicidio e il pestaggio in sette saranno processati dalla gup Fiammetta Modica con rito abbreviato e altri due invece saranno alla sbarra davanti alla Corte d’Assise, a fine novembre. Per altri nove è stata accolta la richiesta di messa alla prova con due anni di prescrizioni e la revoca dei domiciliari e per un decimo il patteggiamento. Si è chiusa così, ieri a Milano, l’udienza preliminare. Gli Stucchi sono parte civile.

In tribunale ancora una volta è riecheggiato il dolore "per una fine assurda" insieme a tutte le tappe che portarono alla tragedia: un’escalation di messaggi sui social sempre più minacciosi da una parte e dall’altra, fino "alla chiamata alle armi" dei due capi, Colombi e Youssef Mahmoud Elsayed, alla testa dei milanesi. Ma quando vide cosa succedeva al parchetto di via Monte Grappa, Colombi se ne andò. L’esecutore materiale all’epoca aveva 17 anni e 10 mesi, non è fra i 19, per lui e gli altri 4 minorenni coinvolti si procede a parte. Nel racconto dei testimoni il dramma e le ultime parole della vittima: "Mi hanno bucato", disse Stucchi accasciandosi a terra dopo che l’aggressore gli aveva conficcato la lama nel cuore. Sul coltello a serramanico di 20 centimetri "trovato aperto con il blocco inserito sulla scena del crimine", scrive il gip di Milano che ha fatto scattare il blitz, c’era il Dna del 17enne che si avventò su Simone "come una tigre" e quello di suo fratello di 15, che aveva ricevuto il "bidone", soldi falsi per la droga venduta a Colombi, secondo gli inquirenti organizzatore dello scontro finale. È lui, dopo l’affare sul “fumo” finito male con il più giovane dei fratelli originari del Nord Africa, a diventare protagonista di una faida che finirà con un morto a terra. Una delle figure chiave della vicenda. È lui a invitare i suoi a presentarsi con bastoni, coltelli, mazze, pietre e bottiglie di vetro per affrontarsi in uno "scontro violento". Dall’altra parte, lo stesso. Ora, la famiglia aspetta giustizia.

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