Diana Bracco, senza uguaglianza di genere il mondo non cresce

Special ambassador B20 in vista dell’incontro tra ministri del G20: la chiave per vincere la sfida è puntare sul merito

Diana Bracco

Diana Bracco

Milano, 29 luglio 2021 - Riportare un numero crescente di donne nel mercato del lavoro, abbattere le barriere culturali nell’accesso alla formazione STEM per le ragazze, raggiungere la parità di genere nelle posizioni che contano: sono questi alcuni degli obiettivi prioritari emersi dal Dialogo B20-G20 sul Women Empowerment, che si è tenuto ieri in vista della Conferenza Internazionale sull’Empowerment Femminile prevista per il 26 agosto a Santa Margherita Ligure dove si riuniranno tutti i ministri delle Pari Opportunità del G20. All’incontro sono intervenute tra gli altri Elena Bonetti, ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia, Maria Cristina Messa, ministro per l’Università e la Ricerca, Emma Marcegaglia, presidente del B20 e Diana Bracco, presidente e Ceo del Gruppo Bracco e Special Ambassador B20 per l’empowerment femminile. A lei chiediamo di fare il punto sulla situazione delle donne nei diversi Paesi del G20. "La situazione è molto diversificata. Se, ad esempio, Danimarca, Canada e Svezia si posizionano nel gruppo dei Paesi più avanzati rispetto alle politiche di genere e vengono definiti “high performer”, Italia e India si caratterizzano per una situazione ben più svantaggiata e rientrano fra i cosiddetti “low performer”". La pandemia che impatto ha avuto? "Drammatico. A causa del Covid, la presenza delle donne nel mondo del lavoro ha fatto un passo indietro dappertutto. Come ha ricordato Emma Marcegaglia all’incontro di ieri, durante la prima ondata della pandemia, l’occupazione femminile si è ridotta di 2,2 milioni in tutta l’Unione Europea e le donne hanno visto i lori guadagni diminuire di quasi due terzi più rapidamente degli uomini, con un calo del 16,5% in media dall’inizio della pandemia. Questa è una crisi atipica. Ha colpito di più il settore dei servizi, e quindi le donne. A farsi carico dell’aumentato lavoro di cura a carico delle famiglie sono poi state soprattutto loro, come madri e come figlie di genitori anziani". Come rimediare? "La prima raccomandazione che come business community facciamo ai Governi del G20 è quella di invertire subito questa tendenza. Il Recovery Plan è uno strumento per intervenire, varando progetti con obiettivi chiari, quantificabili e misurabili all’insegna della “gender equity”. Troppi pregiudizi e barriere culturali tengono ad esempio ancora le donne fuori dai settori STEM: solo il 7% sceglie di studiare ingegneria, matematica, statistica e scienze naturali rispetto al 22% degli uomini, solo il 14% delle donne lavora nel cloud computing e il 32% si occupa di Intelligenza Artificiale. Anche la presenza di donne CEO nelle aziende è troppo bassa". Negli ultimi anni però sono stati fatti anche dei passi avanti. "È vero, nei Consigli di amministrazione delle aziende, grazie alla “legge Golfo Mosca”, sono entrate molte più donne. Il premier Draghi ha affidato dicasteri molto importanti a figure femminili come Cartabia, Lamorgese e Messa. Inoltre oggi abbiamo figure emblematiche come Ursula von der Leyen, Kamala Harris, Christine Lagarde e Angela Merkel. I loro successi ci fanno ben sperare per il futuro. Ma la sfida è ancora tutta da vincere, e occorrono nuovi codici di comportamento da parte di tutti. Il G20 a presidenza italiana può e deve fare molto per le donne. D’altronde in base alle proiezioni più autorevoli risulta che il maggiore impulso alla crescita globale nel prossimo futuro verrà proprio dal lavoro femminile. Se non c’è uguaglianza di genere, non cresce il mondo". Quali interventi concreti a favore delle donne la business community propone ai governi del G20 a presidenza italiana? "La parità di opportunità e di diritti va realizzata contestualmente in diversi ambiti: dall’occupazione al supporto all’imprenditorialità, dall’istruzione alla formazione, dal credito alle donne al bilanciamento tra impegni familiari e lavorativi, possibilmente con l’ausilio di politiche sulla diversity nelle imprese e validi programmi di welfare aziendale. Ma la vera chiave per vincere la sfida è puntare sulle competenze, sul merito e sulle skills". Cosa intende? Si spieghi meglio. "Competenze significa cominciare con piani educativi che partano dalla formazione primaria e giungano a quella superiore, dove occorre favorire la formazione scientifica delle ragazze. Per questo il nostro Policy Paper ha identificato numerose raccomandazioni strategiche sulla parità di genere e l’inclusione a partire da tre parole chiave: Include - Più donne nella forza lavoro in settori STEM e nella Ricerca e gender balance; Reimagine – Gender equity, parità fra lavoro retribuito e accudimento/assistenza domestica e Grow – Facilitare la leadership femminile nel mondo del business. Per concretizzare queste raccomandazioni, il Policy Paper stabilisce tre KPI (Key Perfomance Indicators) indicatori numerici per misurare, Paese per Paese, i progressi raggiunti entro il 2024". Un’ultima domanda personale: è stato complicato coordinare i lavori della Special Initiative internazionale? "Abbastanza, ma è stato un grande onore. Ho accettato con gioia l’incarico di B20 Women Empowerment Ambassador che Emma Marcegaglia mi ha affidato perché la valorizzazione delle donne è da sempre al centro del mio impegno nel business, nella responsabilità sociale d’impresa e nelle istituzioni. Come quando riuscimmo a fare dell’Expo 2015, di cui ero presidente e commissario del Padiglione Italia, la prima Esposizione Universale “gender equal”. O quando con Emma Bonino all’Assemblea del BIE di Parigi del novembre di quell’anno ottenemmo sulla nostra mozione un voto unanime che impegnava tutti i Paesi a replicare nelle future edizioni dell’Esposizione Universale un programma Women for Expo. All’Expo Dubai, che aprirà i battenti il primo ottobre, gli organizzatori stanno realizzando uno spazio espositivo e molte iniziative per le donne: una grande soddisfazione".  

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