Detenuta incinta perde il bebè "Serve più tutela in carcere"

San Vittore, il grido d’allarme di Antigone: una ispezione farà chiarezza. Il presidente: le donne in gravidanza devono essere sottoposte ad altra misura

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MILANO

Maggiore attenzione alla tutela della gravidanza in carcere. É l’appello di Antigone, l’associazione per i diritti nel sistema, dopo il caso della ragazza detenuta nel carcere milanese di San Vittore che ha perso il suo bambino. A inizio giugno, durante la visita dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione di Antigone, l’associazione ha incontrato otto donne in stato di gravidanza. "Un numero altissimo, che non ha pari nel resto del Paese, fra l’altro in un carcere dove manca un servizio ginecologico e medici specialisti. Ci avevano raccontato - scrive Antigone in una nota - anche di una nona ragazza, all’ottavo mese di gravidanza, portata d’urgenza in ospedale qualche settimana fa. Apprendiamo che proprio quella ragazza all’arrivo in ospedale, il 30 maggio scorso, ha perso il suo bambino".

"Quella giovane donna sapeva che la sua gravidanza aveva delle complicanze e che il suo bambino sarebbe probabilmente nato prima del nono mese – accusa l’associazione –. I medici le avevano raccomandato di recarsi immediatamente in ospedale in casi di dolori". Nel frattempo è stata arrestata.

"La legge italiana – spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – permette che la donna in caso di gravidanza possa non entrare in carcere ed essere sottoposta a diversa misura. Si tratta di una scelta di civiltà, che tutela la salute della donna e del bambino". Ma non è successo.

"Sul caso specifico – osserva ancora Gonnella – chiediamo si faccia piena luce, accertando le responsabilità e chiarendo cosa è davvero successo quel 30 maggio nel carcere di San Vittore e quanto tempo è trascorso da quando la donna ha iniziato a lamentare dolori al suo ricovero in ospedale". Non solo, vanno chiarite le modalità di trasporto della donna in ospedale: se sia stato fatto sotto controllo medico e in ambulanza oppure se la donna sia stata ammanettata e accompagnata in ospedale scortata solo dalla polizia penitenziaria.

Le condizioni del carcere di San Vittore di recente sono finite sotto i riflettori anche a seguito dei recenti casi di suicidi che si sono registrati. É stata disposta l’autopsia sul corpo di Davide Paitoni, magazziniere 41enne, che due giorni fa si è tolto la vita impiccandosi in cella con i lacci delle scarpe, dopo aver saputo che gli avevano negato la perizia psichiatrica. A Natale aveva sgozzato il suo figlioletto di sette anni per vendicarsi nei confron ti della moglie che lo aveva lasciato. Sul suicidio nessun sospetto, l’uomo era nel reparto protetto, ha approfittato dell’assenza del compagno malato di Covid e quindi trasferito per uccidersi in solitudine.

Anna Giorgi

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