Milano, deodorante su colleghi stranieri: condannati per razzismo

Per il giudice sono colpevoli sia il dipendente (autore materiale del gesto) che il datore di lavoro. L'azienda obbligata ad organizzare un corso anti-razzismo

Frame video "disinfestazione" dei dipendenti di colore di Rossopomodoro

Frame video "disinfestazione" dei dipendenti di colore di Rossopomodoro

Milano, 25 gennaio 2020 - Aveva usato un deodorante spray per eliminare il "cattivo odore" di alcuni colleghi di colore. Era stato il video di un'altra dipendente, realizzato nelle cucine di una nota catena di ristoranti alla stazione Centrale a Milano e pubblicato su Facebook, a far emergere la vicenda un anno fa, nel gennaio del 2019. Ora il giudice ha condannato non solo il dipendente per molestia e discriminazione razziale, ma anche il datore di lavoro, poiché, col suo comportamento, ha creato un ambiente lavorativo "non inclusivo, di non accoglienza, respingente verso alcune persone". Nell'ordinanza, alla società viene inoltre indicato di realizzare un corso "al quale siano chiamati a partecipare obbligatoriamente tutti i dipendenti che, con l'intervento di esperti, avvicini gli stessi alle tematiche razziali al fine di educarli al rispetto doveroso di ogni cittadino qualche che ne sia la sua provenienza o etnia". Le immagini realizzate l'anno scorso avevano fatto il giro del web, sollevando un polverone di polemiche e mostravano il dipendente, con in mano un deodorante, mentre chiamava dei colleghi ordinandogli di alzare la maglietta e le braccia, prima di spruzzargli il prodotto sul corpo e sotto le ascelle. "Ma questo non ce lo avete a casa? Perché non lo mettete?", si sentiva nel filmato. Altri lavoratori, assistendo alla scena si lasciavano andare a frasi come "oh...disinfestazione", mentre in sottofondo si sentiva anche qualche risata.

L'azienda aveva preso le distanze, dissociandosi dal comportamento discriminatorio. Dal canto loro, le vittime si erano rivolte agli avvocati Livio Neri, Alberto Guariso e Daniele Bergonzi dello studio legale Diritti e Lavoro che presso la sezione Lavoro del Tribunale civile di Milano avevano presentato un esposto contro il pizzaiolo. Venerdì 24 gennaio la giudice Manuela Sara Moglia ha accolto le accuse condannando le azioni del pizzaiolo come "molestie razziali". Secondo il Tribunale, il datore di lavoro risponde (ex art. 2049 codice civile) delle molestie poste in essere da un suo dipendente che offende i colleghi con frasi e comportamenti razzisti, a nulla rilevando che questi non sia stato formalmente inquadrato come superiore delle vittime. E' sufficiente che i colleghi lo percepiscano come tale, che le mansioni a lui affidate abbiano reso possibile o agevolato il comportamento lesivo e che comunque detto comportamento abbia creato "un ambiente lavorativo non inclusivo e di non accoglienza". Il Tribunale ha condannato in solido il molestatore e il datore di lavoro al risarcimento del danno non patrimoniale subito dalle vittime e a predisporre per tutti i dipendenti un corso finalizzato alla educazione al rispetto di ogni cittadino indipendentemente dalla provenienza etnica.

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