
Valentina Cambi
di Simona Ballatore
Una laurea alle spalle in Lettere classiche - indirizzo glottologico - a Pisa, con lode e con tesi sulla lingua ittita, che conosce alla perfezione come il greco, il latino e come cinque lingue moderne. Poi il perfezionamento Ph.D - equipollente al dottorato di ricerca - sempre con lode in Linguistica alla Normale di Pisa e le trasferte di studio in Germania e negli Stati Uniti. Valentina Cambi, nella sua carriera è riuscita a intrecciare l’amore per le lingue all’arte di raccontare storie. Nel 2006 si è iscritta al master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema dell’Università Cattolica per il quale è pure salita in cattedra. Tra le esperienze, per Disney Channels Italia si è occupata del coordinamento produttivo e creativo del programma Art Attack, ha lavorato nel dipartimento Global Magazines and Comics di Disney Publishing Worldwide e ha collaborato alla realizzazione di oltre 60 libri (l’ultimo a portare la sua firma, I segreti della fortezza Aquibis, Rai Libri, è il primo romanzo de Il Collegio), circa 200 magazine tra i quali Violetta e più di 100 storie a fumetti fra cui Frozen.
Dall’ittito alla Disney e oltre. Quando c’è stata la svolta?
"In un periodo della mia vita pensavo di proseguire nell’ambito accademico. La svolta c’è stata col master a Milano, con i primi lavori nell’animazione. Anche se linguistica e storytelling hanno molto in comune: la disciplina, le dinamiche da seguire, il mutamento della lingua. Raccontare storie per me è sempre stata un’esigenza, dettata dal mio interesse all’animo umano e dal desiderio di vivere più vite. Tramite i miei personaggi posso entrare in situazioni diversissime".
E spaziare pure tra le lingue.
"Spesso scrivo in inglese e sono anche traduttrice".
Cresce la fame di storie in pandemia?
"C’è sempre stata e non è diminuita certo ora, anzi. Le persone hanno bisogno di intrattenimenti emotivi, di occasioni di riflessione e una storia ha tante sfaccettature: può farci divertire, riflettere, farci vivere più vite, appunto. La cosa bella delle storie è che non appartengono a chi le scrive ma a tutti, ciascuno di noi trova sfumature che neppure l’autore aveva visto e che cambiano rileggendola, col tempo. C’è fame di storie sì, e vedo un futuro roseo per il settore".