
Il Centri di permanenza per i rimpatri di via Corelli
MILANO – Andranno a processo Alessandro Forlenza e Consiglia Caruso, amministratori di fatto e di diritto della Martinina srl, e la stessa società che gestiva il Centro permanenza rimpatri di via Corelli.
Il procedimento è scaturito dall’indagine per frode in pubbliche forniture e turbativa d’asta, coordinata dai pm Paolo Storari e Giovanna Cavalleri e condotta dal Nucleo di polizia economica finanziaria della Guardia di Finanza, che aveva documentato le condizioni “disumane” e “infernali” in cui erano trattenuti i migranti all’interno del centro. Lo ha deciso il gup di Mattia Fiorentini, al termine dell’udienza preliminare, fissando la prima udienza per il 23 maggio davanti alla decima sezione penale.
Il 13 dicembre 2023 i pm avevano ottenuto il sequestro del ramo di azienda della Martinina che gestiva il Cpr (sulla base di un bando emesso della Prefettura), che era poi finito in amministrazione giudiziaria e, infine, affidato ad una nuova società dopo un altro bando. Nel procedimento sono parti civili il Ministero dell’Interno, quattro migranti, le associazioni Naga e BeFree, la Asgi (associazione studi giuridici sull’immigrazione) e l’Arci. Tra i legali di parte civile gli avvocati Eugenio Losco, Maria Pia Cecere, Carla Quinto, Enrico Belloli e Francesco Romeo. Nella scorsa udienza a dicembre, davanti al gup Fiorentini, anche il Ministero dell’Interno, con l’avvocatura dello Stato, si era costituito parte civile, per gli eventuali danni. Oggi gli altri legali di parte civile hanno chiesto anche la citazione del Ministero come responsabile civile, ma il gup ha respinto l’istanza spiegando, in sostanza, che l’omessa vigilanza ipotizzata dai legali non può comportare, in base alle norme, una posizione di responsabilità civile.
Il giudice, sempre a dicembre, aveva respinto le richieste di patteggiamento per Forlenza, a un anno e 8 mesi, e per la Martinina, a 15mila euro di sanzione pecuniaria con interdizione dal contrattare con la pubblica amministrazione per venti mesi. Pene troppo basse, secondo il gup, data la gravità dei fatti contestati.
Il giudice aveva evidenziato il “pericolo” in cui avevano vissuto “gli ospiti” e “la gravità della condotta”. E che non c’era stata una “restituzione, nemmeno parziale, del profitto dei reati pur a fronte di ingenti somme di cui gli imputati si sarebbero appropriati”, stando alle indagini, e ai presunti falsi commessi “per l’aggiudicazione della gara d’appalto”. In più, Forlenza avrebbe usato “l’anziana madre”, ossia l’imputata Caruso, come “testa di legno nell’amministrazione della società” per nascondere “il suo ruolo ricoperto nella gestione del centro”. Forlenza, inoltre, da imputazioni avrebbe truccato anche gare indette da altre prefetture.
Le indagini avevano fatto emergere una situazione terribile nel Cpr di Milano, gestito come un lager: “cibo pieno di vermi”, assenza di mediatori culturali e linguistici, l’uso costante di “psicofarmaci”, letti e bagni fatiscenti, solo per citare alcuni fatti. La Martinina, in sostanza, avrebbe incassato soldi pubblici senza offrire servizi dignitosi e riducendo le persone ad una condizione disumana.