Covid: in dieci mesi di pandemia 7.225 decessi nella provincia di Milano

Lo scorso 21 febbraio il primo caso a Codogno. Hinterland travolto dalla seconda ondata

Cala lentamente la pressione sulle terapie intensive degli ospedali dell’hinterland

Cala lentamente la pressione sulle terapie intensive degli ospedali dell’hinterland

Milano, 21 dicembre 2020 - Dieci mesi che hanno sconvolto la nostra vita. Il 21 febbraio del 2020 si scopriva il primo malato di coronavirus a Codogno. Da allora, anche l’hinterland milanese, colpito ma non affondato dalla prima ondata del contagio, ha dovuto fare i conti con un incubo diventato realtà. Oltre settemila morti, quasi 170mila persone ufficialmente positive, cui si aggiunge un numero imprecisato di casi sommersi. Le cifre della Regione raccontano infatti di un tasso di pazienti che supera il 5 per cento della popolazione: cinque persone ogni cento fra chi si incontra per strada, a bordo di un treno o di un convoglio della metropolitana hanno contratto il virus. Molti ne sono usciti, tanti altri, in media intorno agli ottant’anni, ne sono rimasti vittime. Per lo più nelle case di riposo, dove soltanto nei primi quattro mesi della pandemia, la mortalità è stata talmente alta da arrivare a 2.500 decessi in più, oltre due volte e mezza la cifra attesa. Così il Covid, che ha falcidiato la generazione nata fra il 1930 e il 1950, ha lentamente contagiato anche lo stile di vita della grande conurbazione intorno a Milano. Lo smart-working ha svuotato gli uffici.

Trecentomila lavoratori in provincia di Milano in questi mesi hanno sperimentato questa forma diversa di attività, soli, davanti a un computer. Una realtà riservata in particolare alle grandi aziende, quelle sopra i 250 dipendenti. Molte madri e padri, costretti a fare i conti con scuole chiuse, didattica a distanza e difficoltà di appartamenti spesso piccoli. E da qui un cambiamento radicale anche nel paesaggio cittadino. Trasporti pubblici svuotati, centri commerciali, mete del tempo libero di tre milioni di milanesi della cintura, ridotti a cattedrali vuote. E poi la grande paura del contagio che ha trasformato gli ospedali in trincee, con operazioni ed esami ordinari rinviati, e reparti e rianimazioni intasati. Dieci mesi di lotta che ha portato ad aprire venti centri diversi, fra drive-trough e poli ordinari, per i tamponi. Ma non dovunque il SarsCov2 ha colpito allo stesso modo. Alcune realtà periferiche sembrano meno devastate dall’infezione, altre sono più segnate, in proporzione, della stessa Milano. Cinisello, seconda solo al capoluogo per numero assoluto di casi, 4.988 casi, è seconda in provincia anche per incidenza sulla popolazione: oltre il 6,5%. Livelli simili raggiunti da Cologno e Senago, oltre il 6,2%, ma anche da Melegnano, Cesano Boscone e Cesate, tutti nella top ten dei comuni che hanno pagato il più tributo più alto all’epidemia. E la seconda ondata non è ancora finita.  

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