Covid in Lombardia: zero morti e nessun ingresso in rianimazione. Il confronto con il 2020

Il bollettino Covid di ieri in Lombardia. Un anno fa, senza vaccini, a Milano i contagiati erano 12 volte tanti. E scattava il primo coprifuoco

Terapia intensiva Covid

Terapia intensiva Covid

Milano - Nessun morto e nessun ingresso in terapia intensiva per il Covid ieri in Lombardia, certifica il bollettino quotidiano che conferma anche il boom di tamponi per l’estensione del green pass al mondo del lavoro: 106.211 test del coronavirus effettuati nel G-Day, in aumento dell’80,5% rispetto alla media quotidiana dell’ultima settimana (escludendo il lunedì, che sconta il rallentamento fisiologico della domenica). Più del 78% di questo record è dovuto ai test antigenici scelti, tra gli altri, dai lavoratori senza vaccino: venerdì ne sono stati fatti 83.218, e anche le circa 1.400 farmacie (metà di quelle lombarde) che li effettuano al prezzo per legge di 15 euro hanno registrato il loro picco sinora "più importante", spiega la presidente di Federfarma Lombardia Annarosa Racca.

Di questa megainfornata di tamponi, era positivo lo 0,4%: hanno scoperto in Lombardia 432 nuovi casi di coronavirus (328 con i test molecolari e 104 coi rapidi), di cui 104 nel Milanese e 50 in città. Degli ultimi 482 contagiati registrati nel sistema lombardo tra ieri e venerdì, spiegano dall’assessorato regionale al Welfare, 294 sono persone non vaccinate (di cui 13 si sono reinfettate dopo aver già avuto il Covid), mentre le altre 188 (di cui tre renifettate) avevano ricevuto almeno una dose di vaccino. Le percentuali possono trarre in inganno se non si considera quello che gli esperti riferiscono al "paradosso di Simpson": in Lombardia la platea dei non vaccinati di ogni età, compresi tutti gli under 12 che non si possono vaccinare, è di 1.868.613 persone, contro 8.098.309 lombardi che a ieri avevano avuto almeno una dose d’antiCovid (7.792.484 hanno anche completato il ciclo d’immunizzazione). 

In altre parole, i non vaccinati, inclusi i non vaccinabili, costituiscono il 18,7% dei 9.966.922 abitanti censiti dall’Istat in Lombardia, ma il 61% dei nuovi contagiati dal coronavirus, mentre l’81,3% dei lombardi vaccinato con almeno una dose ha “prodotto“ l’altro 39% dei casi. Per dirla con l’assessorato al Welfare, l’incidenza (i casi di coronavirus ogni centomila abitanti) fra i non vaccinati è tra cinque e sei volte quella che si registra tra i vaccinati (inclusi quelli che non hanno completato il ciclo d’immunizzazione). Ma l’effetto più evidente dei vaccini si riscontra sul terreno nel quale sono considerati dalla comunità scientifica più efficaci: evitare la malattia grave, i ricoveri e le morti. Ieri c’erano 342 persone in ospedale per il Covid in Lombardia: 287 nei reparti (10 meno del giorno prima) e 55 in terapia intensiva (uno in meno, perché un malato è uscito dalla rianimazione e nessuno ci è entrato). 

Anche un anno prima, venerdì 16 ottobre 2020, le terapie intensive Covid registravano un meno 1, ma gli intubati erano 71 e i ricoverati in tutto 905, perché ce n’erano altri 834 nei reparti, in aumento di 108 in ventiquattr’ore; e i morti erano stati sette. I contagi? Quel giorno se ne registrarono 2.419 in Lombardia (di cui 1.309 nel Milanese e 604 in città, cioè oltre dodici volte quelli di ieri), con 30.587 tamponi (poco più di un quarto di quelli registrati ieri), un tasso di positività del 7,9%, cioè venti volte superiore a quello di ieri, e un aumento secco di 352 infettati rispetto a quelli del giorno prima. All’epoca, peraltro, circolava un coronavirus che era contagioso la metà, rispetto alla variante Delta che è attualmente dominante in Italia.

Non c’erano i vaccini e neanche il green pass, ma proprio quel venerdì il governatore Attilio Fontana firmava un’ordinanza che chiudeva per tutti le sale giochi, sospendeva tutti gli sport dilettantistici di contatto e le visite nelle Rsa, vietava l’asporto e il consumo all’aperto di cibo e bevande dopo le 18 e sollecitava scuole superiori e atenei a rentrodurre la Dad: le prime misure per frenare la seconda ondata che nel giro di qualche settimana avrebbe fatto scattare la zona rossa e riempito gli ospedali fino a oltre novemila ricoverati, quasi mille in rianimazione.  

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