Covid e Alitalia, in bilico 15mila posti

Presidio a Linate, trema anche l’indotto. E i conti di Sea sono in rosso di 128,6 milioni: -73% di passeggeri

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di Andrea Gianni

La posta in gioco sono circa 15mila posti di lavoro che ruotano attorno al sistema degli aeroporti lombardi. E alla pandemia che ha congelato il trasporto aereo, con la maggior parte degli addetti in cassa integrazione da un anno, si aggiungono ora anche gli effetti dell’eterna crisi di Alitalia, che potrebbe abbattersi soprattutto sull’aeroporto di Linate. L’ennesimo rinvio dell’incontro tra i commissari straordinari della compagnia e i sindacati ha aumentato le fibrillazioni e il nervosismo per le motivazioni implicite che stanno alla base di questo nuovo slittamento e cioè la mancanza di risposte sul pagamento degli stipendi di marzo dal momento che i 55 milioni di euro di ristori assicurati dalla Ue non sarebbero ancora stati accreditati. Oggi, giornata di mobilitazione nazionale in occasione di un nuovo incontro convocato, i lavoratori si riuniranno in presidio a Linate, in contemporanea con la manifestazione programmata a Fiumicino da tutte le sigle sindacali presenti in Alitalia (Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Ugl, Usb) e le associazioni professionali di piloti e assistenti di volo Anpac, Anpav e Anp. La trattativa è ancora in alto mare, ma la nuova Alitalia in versione small partirebbe con una flotta sotto i 50 aerei, con gli esuberi che ne deriverebbero. E non è ancora chiaro come verranno gestite queste eccedenze d’organico. Un’ipotesi è quella di ricalcare le soluzioni già sperimentate in passato, prevedendo la fuoriuscita di dipendenti, che ne abbiano i requisiti, con ammortizzatori che accompagnino i lavoratori alla pensione nell’arco di cinque anni.

Una misura che, secondo alcuni calcoli, potrebbe interessare 480 tra comandanti e piloti e 500 assistenti di volo a livello nazionale. E le conseguenze si farebbero sentire anche sulle aziende che ruotano attorno ad Alitalia, come Airport Handling già danneggiata dalla decisione della compagnia di gestire in proprio alcuni servizi a Linate, mettendo a rischio la sostenibilità dello stesso aeroporto, unica base di Alitalia in Lombardia dopo l’addio a Malpensa dove invece si è rafforzata Ryanair, che punta a una ripartenza dei viaggi. Intanto l’effetto Covid ha duramente penalizzato gli scali milanesi con un crollo del traffico nel 2020 del 73,1% a 9,5 milioni di passeggeri e un rosso di 128,6 milioni di euro per Sea, il gestore di Linate e Malpensa, che ha anche registrato un calo dei ricavi del 63,6% a 257 milioni. Ci sono prospettive per "ripartire con una buona inclinazione tra fine giugno e inizio luglio" e "abbiamo segnali di ripresa interessanti sull’aeroporto di Malpensa per quanto riguarda il lungo raggio con i nuovi voli ‘Covid tested’ che operiamo da e per gli Stati Uniti", dice il vicepresidente aviation business development di Sea, Andrea Tucci. Ha sofferto meno il traffico merci, in calo del 7,1% a 512 mila tonnellate. Una tenuta dovuta principalmente alla crescita dei vettori ’all cargo’, con movimenti in crescita del 55,7% e merce trasportata del 19,8%. Durante il confinamento, la Cargo City di Milano Malpensa è stata l’hub di riferimento per l’importazione via aerea delle attrezzature anti-Covid e l’unico accesso italiano dell’air cargo internazionale di beni non-umanitari, tra cui quelli legati all’e-commerce. Anche nella restante parte del 2020, in particolare dopo l’apertura del nuovo hub di Dhl, il traffico merci ha registrato una dinamica in controtendenza.

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