L’anarchico Alfredo Cospito ha interrotto ufficialmente lo sciopero della fame

Dopo oltre sei mesi, l’ideologo sottoposto al 41-bis ha rinunciato alla protesta “perché non voleva morire”. Il 18 aprile la Corte costituzionale ha aperto alla possibilità di uno sconto di pena

Alfredo Cospito in una foto dell'ottobre del 2013 (a sinistra) e in una di dicembre 2022 (a destra)

Alfredo Cospito in una foto dell'ottobre del 2013 (a sinistra) e in una di dicembre 2022 (a destra)

Dopo oltre sei mesi, Alfredo Cospito ha interrotto lo sciopero della fame. L’anarchico, attualmente sottoposto al regime di carcere duro del 41-bis, aveva ricominciato a mangiare e assumere integratori due settimane fa dopo che la sua salute era peggiorata in modo critico. Mercoledì pomeriggio, il carcere milanese di Opera ha ricevuto il modulo in cui l’anarchico ha espresso per iscritto la sua volontà di riprendere ad alimentarsi. Il documento è stato trasmesso al tribunale di Sorveglianza di Milano. “Grazie a tutti coloro che hanno seguito la mia tenace e inusuale forma di protesta”, ha fatto sapere l’anarchico tramite i suoi legali.

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L’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini, ha detto che il suo assistito ha rinunciato allo sciopero della fame “perché non voleva morire e ha comunque raggiunto due obiettivi importanti: la decisione della Consulta di ieri (che ha aperto alla possibilità di uno sconto di pena, ndr) e l'aver fatto diventare il 41-bis un tema noto all'opinione pubblica”. Ha rivelato inoltre che insieme agli altri legali ha presentato il 23 marzo una nuova istanza in cui si chiede al ministro della Giustizia Carlo Nordio la revoca del 41 bis. 

Cospito – il primo anarchico ad essere condannato al regime di carcere duro – aveva iniziato la sua protesta il 20 ottobre scorso proprio contro il 41-bis, che ha definito a più riprese “una barbarie”, e contro l’ergastolo ostativo (cioè senza possibilità di reinserimento sociale). Cospito ha 55 anni e negli ultimi mesi la sua salute si è molto aggravata.

La pronuncia della Corte costituzionale

Il 5 aprile, gli avvocati avevano anticipato che l’ideologo avrebbe continuano lo sciopero della fame almeno fino al 18 aprile (benché in realtà sia tornato a nutrirsi prima). In quella data la Corte costituzionale – il massimo organo giurisdizionale italiano – ha discusso sulla legittimità della norma che, per il reato di strage politica per cui lui è imputato, impedisce sconti di pena nei casi di recidiva aggravata (come quella di Cospito).

La Corte si è pronunciata favorevolmente sul caso, definendo incostituzionale non riconoscere le attenuanti e ritenendo illegittimo il quarto comma dell'articolo 69 del codice penale, con cui era stata rideterminata la pena di Cospito /che in Appello era stata fissata a 20 anni di carcere). Di fatto, i giudici costituzionali hanno aperto alla possibilità che l’anarchico riceva uno sconto di pena.

Il processo in questione in corso a Torino lo vede imputato per l'attentato del 2006 contro la Scuola carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. Lo scorso dicembre la corte d’Assise d’appello di Torino aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale.

Cospito, comunque, ha varie condanne, tra cui una del 2013 a dieci anni e otto mesi di carcere per aver ferito a Genova, con colpi di pistola alle gambe, Roberto Adinolfi, dirigente dell’Ansaldo. Nel 2022 è stato condannato a Torino per “strage politica” per aver posizionato, nella notte tra il 2 e il 3 giugno 2006, due pacchi bomba davanti alla scuola allievi dei carabinieri di Fossano, senza provocare morti né feriti.

L’alimentazione in ospedale

Da alcune settimane l’anarchico è ricoverato nel reparto di medicina penitenziaria del San Paolo di Milano per via delle sue condizioni di salute precarie, ma stabili, dovute al digiuno prolungato. A inizio aprile si era saputo che avevano cominciato ad assumere caffè d'orzo, tè con limone, multivitaminici e latte. Qualche giorno dopo, fonti dell’ospedale confermarono che aveva iniziato ad alimenti più sostanziosi, tra cui bustine di parmigiano.

“Illogiche privazioni e deprivazioni”

Indubbiamente, dall’inizio della protesta di Alfedo Cospito il tema del 41-bis è tornato al centro del dibattito pubblico. Lo ha ricordato anche l’avvocato Flavio Rossi Albertini: "Dal 20 ottobre sono ormai trascorsi 181 giorni nei quali Cospito, attraverso il suo corpo sempre più magro e provato, ha svelato cosa significhi in concreto il regime detentivo speciale: illogiche privazioni imposte ai detenuti, aspre limitazioni prive di una legittima finalità, deprivazione sensoriale, un ambiente orwelliano in cui si è costantemente osservati e ascoltati da telecamere e microfoni”.

"Grazie alla protesta di Cospito, alle mobilitazioni del variegato mondo dell'attivismo politico extraparlamentare, al movimento anarchico, agli intellettuali schieratisi a sostegno delle ragioni della protesta, al mondo dei media che ha permesso la veicolazione di questi scomodi argomenti nelle case delle persone, milioni di soggetti, tra cui soprattutto le nuove generazioni, hanno compreso l'incompatibilità del 41 bis con i principi di umanità della pena e quindi con la Costituzione nata dalla lotta antifascista”, ha concluso l’avvocato.

Cos’è il 41-bis

Il 41-bis è una norma dell’ordinamento penitenziario italiano. Stabilisce che il ministro della Giustizia possa applicare ai detenuti condannati per i reati più gravi un regime di carcerazione particolarmente afflittivo. Tra questi reati ci sono associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e terrorismo.

Come tutti i detenuti sottoposti al 41 bis, Cospito ha diritto a due ore d’aria al giorno, a un colloquio al mese con i familiari della durata di un’ora e ha diritto a una sola telefonata al mese della durata di dieci minuti, che viene registrata (ma solo in sostituzione del colloquio personale e in ogni caso dopo i primi sei mesi). Nel 2021, in Italia, erano 748 i detenuti sottoposti al 41-bis (13 loro sono donne).

La ratio di questo regime è legata ad una pericolosità sociale attuale del detenuto in questione e ha lo scopo di impedirgli qualsiasi tipo di comunicazione. Tuttavia, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per l’applicazione di questa norma, equiparandola alla tortura.