Coronavirus, pressing del Comitato Scientifico: "A Milano il coprifuoco non basta"

Pregliasco: Milano è un malato più grave di altri. Galli, Faccini e Rizzi firmano il documento “Fare presto“. Ma centri commerciali e ristoratori protestano

Impennata di contagi a Milano: per il Cts il coprifuoco non basta

Impennata di contagi a Milano: per il Cts il coprifuoco non basta

Milano, 21 ottobre 2020 - Il coprifuoco concordato dal governatore lombardo Attilio Fontana con i sindaci delle città capoluogo, l’Anci e i capigruppo dei partiti che siedono in Consiglio regionale è un buon primo passo. Ma per Milano potrebbe non essere sufficiente. Questo il monito lanciato ieri alla politica da virologi ed esperti, che chiedono, quindi, di pensare già da ora a misure aggiuntive. Il primo ad intervenire è stato Fabrizio Pregliasco, membro del Comitato Tecnico Scientifico lombardo: «Il coprifuoco è necessario perché la situazione è esplosiva – premette il virologo –. Il CTS aveva spinto per una chiusura dei locali alle 21 o anche prima. Bloccare tutto dalla 23 alle 5 credo non sia del tutto sufficiente per Milano che per densità di popolazione, interscambi lavorativi, contatti legati alla tipologia abitativa, è un malato più grave». 

Quindi ecco il documento messo a punto dagli infettivologi Massimo Galli (ospedale Sacco di Milano), Marino Faccini (ATS Milano) e Marco Rizzi (ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo). Un documento dal titolo inequivocabile: “Fare presto“. «L’idea del coprifuoco, pesante quanto si vuole, è un chiaro messaggio ai cittadini: state il più possibile a casa, abbiate pazienza per il periodo necessario, evitate il più possibile che il virus circoli – spiega Galli –. Ma se il coprifuoco alle 23 ha senso per l’intera regione, ci sono situazioni in cui alcune restrizioni hanno più senso di altre. Servono quindi anche interventi mirati da valutare zona per zona, mirati in base alle diverse realtà». Esattamente lo stesso concetto espresso da Pregliasco.

Ed ogni riferimento a Milano e hinterland è puramente voluto. «Non stiamo parlando di lockdown in alcune aree – precisa Galli –, il lockdown è proprio quello che vogliamo evitare mettendo in campo misure che tengano conto in maniera analitica delle specificità locali». A preoccupare sono le proiezioni rese note dalla Regione già lunedì e ribadite ieri dal sindaco Giuseppe Sala: in assenza di provvedimenti, da qui a fine mese, in Lombardia si potrebbero contare 600 persone in terapia intensiva e 4mila ricoverati per Covid. Ieri in regione si sono contati 2.023 nuovi positivi su 21.726 tamponi effettuati (9,3%). Nell’area metropolitana i nuovi contagi sono stati 1.054, di cui 515 a Milano.

Moniti, numeri e proiezioni che, però, non hanno spento le proteste delle categorie colpite dal coprifuoco al via da giovedì. I ristoratori ieri hanno manifestato davanti a Palazzo Lombardia e promettono il bis anche davanti a Palazzo Marino. Confcommercio ha già stimato perdite milionarie per bar e pub (31,4 milioni di euro al mese), ristoranti (10,4 milioni al mese) e centri commerciali (dai 13 ai 59 milioni a seconda delle dimensioni delle loro dimensioni). «Vogliamo ribadire con forza che la sicurezza è sempre stata al primo posto nelle nostre strutture, fin dall’inizio del lockdown, nel corso del quale abbiamo comunque garantito i servizi di prima necessità, applicando da subito protocolli di sicurezza rigorosissimi – sottolinea Roberto Zoia, presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali –. La chiusura durante il weekend, che rappresenta il momento di maggior introito, comporta un calo del 20-30% del fatturato settimanale». La spaccatura tra il mondo medico-scientifico e le imprese è ormai evidente. E la politica sta nel mezzo, chiamata a mediare. Un fatto che ha provocato una condivisione fin qui senza precedenti tra Governo, presidente della Regione e sindaci.  

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