Coronavirus, Riccardo Manzotti: "È tempo di trattare i cittadini da adulti"

Docente dello Iulm, si scaglia contro la deriva moralistica degli “sceriffi sul balcone“

Riccardo Manzotti, professore alla Iulm

Riccardo Manzotti, professore alla Iulm

Milano, 19 aprile 2020 - Una comunicazione "più scientifica", un’iniezione di "fiducia nei confronti degli italiani", "uno stop al moralismo spinto". Proposte per la fase 2 da Riccardo Manzotti, professore di filosofia teoretica all’università Iulm di Milano, oltre che psicologo. Il suo intervento, pubblicato sul suo sito e ripreso da altre testate, su "Come la paura di Covid19 e le normative irrazionali stiano uccidendo la democrazia" ha fatto in questi giorni molto discutere. In aggiunta due giorni fa davanti al comune di Lavagna, dove si trova in questo momento, ha pacificamente protestato e lanciato una proposta per riaprire le aree verdi e marine: "Perché l’aria aperta è il luogo più sicuro, i cittadini sono responsabili, e la parola d’ordine nella fase 2 non dovrà più essere vietare ma regolare" ha spiegato.

Professor Manzotti, cosa non le va già della gestione attuale della pandemia? "Ci sono tre aspetti che sono a mio giudizio da correggere, soprattutto adesso che si parla di fase 2. Parlo di mancanza di comunicazione scientifica, della deriva moralistica e del difetto di fiducia nei confronti dei cittadini".

Qual è il difetto di comunicazione scientifica che rimprovera? "I cittadini non hanno ben chiaro i meccanismi di trasmissione del coronavirus. È mancata una comunicazione fredda, razionale, scientifica di cos’è il coronavirus, di come si trasmette e di quali siano i comportamenti a rischio. Si è preferito trattare gli italiani come dei bambini, coinvolgendo i vip nella campagna #iorestoacasa. Il fatto è che di fronte alla mancanza di comprensione dei meccanismi, si sono attivate per paura delle azioni inconsulte. Si è passati dalla razionalità alla superstizione con un’adozione cieca dei comportamenti solo perché “così fan tutti”. Mi spiega che senso ha indossare la mascherina se si è soli in auto? E c’è stato anche uno scivolamento dal piano scientifico a quello morale".

La «deriva moralistica» di cui ha parlato nel suo blog. "Sì. Il dissenso è associato alla indegnità morale di chi assume una posizione non allineata. Chi sostiene, per dire, la necessità dell’attività fisica è associato a tratti moralmente inferiori: è un narciso, un egoista, un individualista, una persona priva di rispetto. La cornice ideologica è quella per cui il virus deve essere sconfitto con il sacrificio e la sottomissione alla autorità, non dall’intelligenza e dalla tenecia. Ecco allora spuntare gli “sceriffi dai balconi”. Alla mia ragazza ogni volta che corre, pur rimanendo a duecento metri dalla nostra abitazione, gliene dicono di ogni. Perché questi sceriffi, oltre che essere talebani e repressivi, sono sessisti…".

Stare a casa non è il modo più efficace per stare al sicuro? « Rimanere fra le mura domestiche è certamente una misura profilattica e pratica che riduce la diffusione del virus ma in maniera molto grossolana. Perché è basato sull’assioma, tutto da verificare, che il pericolo si annidi nell’ambiente esterno, all’aria aperta anche in assenza di contatto. La diffusione si potrebbe ugualmente ridurre con comportamenti molto più mirati – mascherine, distanziamento sociale – come si sta facendo in Svezia, Olanda, Germania. A New York non hanno smesso di correre a Central Park: continuano a farlo rispettando la distanza".

Allentando le misure, conoscendo gli italiani, sarebbe il caos. "Perché dobbiamo avere così poca fiducia di noi stessi? Questo è un classico caso di “fallacia della brutta china”. Si tratta di un ragionamento che partendo da una tesi o da un fatto elenca una serie di conseguenze presentate come inevitabili, malgrado non lo siano affatto. Del tipo: se consentiamo ai runner di uscire poi milioni di persone andrebbero a correre. Ma quando mai? È ora di puntare sulla responsabilità degli italiani. Trattiamoli come degli adulti".  

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