GIULIA BONEZZI
Cronaca

Coronavirus, la Lombardia in guerra: fermi gli ambulatori

L’assessore al Welfare: "Chiederemo di bloccare le visite se non urgenti e dirottare i medici". Troppi 200 ricoveri al giorno. Sos a Bergamo

Posti di blocco nella zona rossa nel Lodigiano

Posti di blocco nella zona rossa nel Lodigiano

Milamno, 6 marzo 2020 - Adesso è guerra. La Lombardia dalla prossima settimana sospende tutte le attività ambulatoriali che non siano urgenti e non differibili in tutti gli ospedali pubblici e privati. Per recuperare medici e infermieri da inviare al fronte del coronavirus: una trincea di letti da aprire per reggere uno tsunami che cresce al ritmo di 200 ricoverati al giorno. Una misura staordinaria, per la quale la Regione ha chiesto il via libera al Governo, "daremo indicazioni operative dopo un confronto con le associazioni di categoria", ha spiegato l’assessore al Welfare Giulio Gallera. Potrebbe durare "un paio di mesi, il tempo strettamente necessario per resistere all’emergenza coronavirus". I lombardi, cui da appena una settimana il superticket era stato tolto con sei mesi d’anticipo, si vedranno rinviare appuntamenti prenotati da mesi; anche i malati cronici, a meno che il loro medico non abbia classificato l’impegnativa con priorità perché, sottolinea l’assessore, "le attività urgenti e non differibili verranno assicurate per tutti i pazienti".

La terapia d’urto si fonda sui numeri: 2.251 contagiati a ieri in Lombardia, con 126 dimessi in più a 376 totali, e 364 isolati a casa (oltre a più di 11mila "contatti stretti" in quarantena); ma sono 98 i morti (25 registrati in 24 ore), e ci sono stati oltre 300 ricoveri nuovi, salendo a 1413 persone in ospedale con la Covid19, di cui 244 in terapia intensiva. I posti in intensiva a disposizione dei "pazienti corona" sono stati portati a 321, ha chiarito l’assessore, e dopo i primi tre "ospedali corona" raccomandati dall’Oms (Lodi, Seriate e Crema) le Asst ne stanno individuando altri, ma quasi tutti gli ospedali si stanno attrezzando all’ondata, dimettendo i dimissibili, spostando pazienti e creando "reparti corona" con letti di terapia intensiva (in ogni area risveglio delle sale operatorie, svuotate tagliando del 70% la chirurgia non urgente, se ne possono ricavare tre) e subintensiva attrezzata con respiratori e caschi CPAP.

Per affrontare un futuro imminente in cui le polmoniti gravi si spartiranno con le grandi emergenze (aneurismi, ictus, infarti) le terapie intensive degli ospedali generalisti lombardi, salite a 850 letti e "potremmo aprirne altri 200 – dice Gallera –, il problema sono i medici e gli infermieri specializzati". "Il sistema sta reagendo, per ora regge": in due giorni sono stati assunti 39 medici, 78 infermieri e 18 Oss, subito spediti negli ospedali "di frontiera" (quelli che vedono arrivare in pronto soccorso 50, 60, 70 persone al giorno con complicanze polmonari); Gallera accoglie l’offerta dei medici delle Ong, da imbarcare oltre a specializzandi e pensionati, "ogni aiuto e contributo è assolutamente necessario".

L’Istituto superiore di sanità, che valuta l’ipotesi zona rossa nella media Val Seriana (la provincia di Bergamo ieri era di nuovo quella in crescita più vertiginosa, 114 infettati in un giorno a 537 totali), "da notizie informali" sarebbe "orientato a chiedere misure importanti. Ma a prescindere dal fatto che siano assunte, chi vive in quel territorio deve essere ancora più prudente e attento" alle raccomandazioni che valgono per tutti i lombardi, e servono a preservare i capoluoghi ("che a parte Cremona registrano numeri bassi in rapporto alla popolazione") e il polmone a Nord-Ovest, le province "quasi non intaccate" di Varese, Como, Lecco e Sondrio, "che sono di aiuto estremo in termini di personale e posti letto". 

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