Sandro Neri Quando, anni fa, Assoedilizia provò a stimare i danni dei graffiti in Lombardia, la cifra toccava i 305 milioni di euro. Molti dei quali riguardanti la sola città di Milano, non a caso considerata capitale italiana dei graffiti. Lo confermavano, ancora una volta, i numeri: 24mila gli edifici imbrattati; pari a 100 milioni di euro i danni quantificati. Il fenomeno è tutt’altro che in regressione. "E dietro c’è un problema culturale, di carenza di educazione, prima ancora che di mancanza di repressione: questa d’altronde può rivelarsi efficace solo se supportata da altre azioni", sottolineano Salvatore Crapanzano e Fabiola Minoletti, presidente e vicepresidente del Coordinamento Comitati Milanesi e promotori, insieme ad Assoedilizia, di un Manifesto contro graffitismo vandalico e degrado. Un documento programmatico frutto del lavoro condiviso com molte altre istituzioni, dall’Avvocatura del Comune alla Polizia locale, dalle aziende di trasporto pubblico Atm e Trenord alla Procura di Milano. "Non è solo un problema di Tag sui muri dei palazzi - osserva Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, da anni in prima linea nel contrasto al fenomeno - ma di vetrine rovinate, di danni ai vagoni dei treni e alle carrozze del metrò. Una vera aggressione, decisa con incosciente superficialità o, peggio, per il gusto di imbrattare". Inutile cercare alibi: "Aveva ragione l’allora sindaco di Milano Letizia Moratti quando affermava che, prima di decidere se si tratti di arte o non arte, occorre vedere se si tratti di atti leciti o meno". Di qui il fine del Manifesto. Uno schema di lavoro per cercare di riattivare sinergie e collaborazioni un tempo efficaci ma poi indebolite dal trascorrere del tempo e dal sopraggiungere di altre priorità. "Da quarant’anni a questa parte - continua Colombo Clerici - si è cercato di interpretare in modo diverso il fenomeno dei graffitari. A seconda delle amministrazioni comunali ...
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