SIMONA BALLATORE
Cronaca

Dal sogno di tre amici all’Anteo: i 40 anni del cinema

Diventato palazzo fra maestri e sfide d’essai

La sala da 500 posti di via Milazzo negli anni Ottanta

Milano, 4 maggio 2019 - Otto maggio 1979: tre ragazzi di 23, 25 e 33 anni - Lionello Cerri, Maurizio Ballabio e Raimondo Paci - danno vita all’Anteo. L’impresa negli anni in cui le sale cominciavano già a chiudere. «Ciascuno di noi aveva storie diverse alle spalle, ma ci accomunava l’aver vissuto gli anni Settanta a Milano», racconta Cerri, oggi amministratore delegato di Anteo Cinema Spa. Nasce tutto da quello spirito lì. Da quel primo monosala - cinquecento posti - in via Milazzo 9, si è sviluppato un “mondo Anteo”. In 40 anni sono passati i volti noti del cinema internazionale: da Ken Loach - uno dei capisaldi della programmazione - a Spike Lee, dal primo Almodóvar con Antonio Banderas e Carmen Maura venuti a presentare “La legge del desiderio”, a Wim Wenders passando per tutti i cineasti italiani: Olmi, Bertolucci, Bellocchio, Amelio, Moretti e Giordana, solo per citare qualche nome. «Pensavamo ad Anteo come a un luogo dove incontrare persone, conoscere, approfondire, divertirsi, giocare con il mondo del cinema e dello spettacolo in generale, dal teatro alla musica - spiega Lionello Cerri -, tutto questo a Milano, una città che ha un’ambizione dal punto di vista internazionale, che è emersa in questi quarant’anni. Abbiamo fatto ricerca, lavorato sul cinema e su tutte le forme di spettacolo per creare un pubblico che è capace di essere critico».

Negli anni Settanta cominciarono ad alzare la saracinesca luoghi per cinema e teatro che si sono radicati in città come il Ciak, l’Elfo e l’Anteo, appunto, formati da giovani gruppi e cooperative. «La crisi del cinema iniziava a assere più palpabile - ricorda l’anima di Anteo – nel ’77 arrivano le prime televisioni commerciali, in quattro anni si era passati dagli 800 milioni di spettatori ai 250 milioni del 1979, l’anno in cui decidemmo di aprire». Altrove si spegnevano schermi, loro decisero di accenderlo, navigando controcorrente ma con una consapevolezza: «Se negli anni ’70 il pubblico entrava da solo al cinema, negli anni ’80 bisognava andarselo a cercare, investire nel prodotto».

«Nel 1981 cominciamo con le prime visioni d’essai - sottolinea Cerri, ripercorrendo le tappe – e scopriamo insieme al pubblico il nuovo cinema tedesco, Wenders, Fassbinder, aiutiamo a far conoscere il cinema italiano e francese e altre nazionalità poco conosciute che si affacciano attraverso sale come l’Anteo e distributori indipendenti che riescono a intercettare un pubblico che si è creato». In un’altra saletta di 40 posti si sperimentavano già il digitale e nuovi linguaggi. Il 1996 è l’anno della ristrutturazione che trasforma il monosala in un multisala di tre schermi con ristorante e libreria. Nel 2017 nasce Anteo Palazzo del Cinema, che è arrivato a contare 11 sale. La sfida del futuro? «Pensare sempre che il cinema è vitale - risponde il fondatore - la sala è ancora un momento importante, aggregante. Non ci si conosce ma stando gomito a gomito si capisce che si ha qualcosa in comune, che si possono condividere gioie e dolori. La cultura fa bene, la sala crea comunità, identità e approfondimento». L’8 maggio lo si ribadirà sin dalle 10 di mattina, ripercorrendo la programmazione, invitando a 40 appuntamenti, tra proiezioni di grandi film e incontri con i protagonisti fra cui Maurizio Nichetti, Silvio Soldini e Gabriele Salvatores. Si guarda al futuro anche con due anteprime: “Tutti pazzi a Tel Aviv” di Sameh Zoabi e “I figli del fiume giallo” di Jia Zhangke.