
"Solo una relazione autentica ci può salvare". Matteo Lancini, docente di psicologia alla Bicocca e alla facoltà di Scienze della...
"Solo una relazione autentica ci può salvare". Matteo Lancini, docente di psicologia alla Bicocca e alla facoltà di Scienze della formazione della Cattolica, è uno dei nomi del Festival dell’Adolescenza, ed è autore di un saggio, "Chiamami adulto" (Raffaello Cortina), in cui mette in rapporto giovanissimi-genitori ed educatori. "I social sono un alibi. I ragazzi cercano un legame. E quando lo trovano, raccontano cose che la mia generazione non avrebbe mai fatto".
Professore, qual è l’origine del disagio?
"Noi genitori diciamo loro che potranno esprimere sé stessi, ma se i ragazzi manifestano emozioni che richiedono tempo, ci tiriamo indietro".
Colpa di una dissociazione di fondo?
"Fra quello che si può esprimere e quello che è accettato. Le difficoltà sfociano in ritiro sociale, esodo della scuola, soprattutto maschile, autolesionismo e violenza".
Anche la pandemia non c’entra?
"Un altro alibi esterno al quale diamo la colpa per non guardaci dentro".
Come se ne esce?
"Costruendo un legame vero. E non qualcuno a cui dobbiamo dire cosa provare. La nostra è una società dove l’altro non esiste più e invece i ragazzi cercano noi e un rapporto. Ma insegnanti e genitori non chiedono più: chi sei? Rivolgiamo agli adolescenti un invito implicito a stare in superficie, dopo avergli detto, a parole, di non farlo. Neghiamo l’esistenza di paura, tristezza e rabbia e invece appartengono alla vita".
Sono gli adulti a ostacolare il dialogo?
"La loro fragilità. Affrontare il dolore dei ragazzi implica che ciascuno guardi il proprio. Per avvicinarsi ai figli, agli studenti servono ascolto ed empatia".
Bar.Cal.