
Gli chef Marco Chiusa e Antonio Nitti (Newpress)
Segrate (Milano), 14 maggio 2017 - Street-food "stellato" , a misura di gourmet. È la sfida intrapresa dal 35enne Marco Chiusa, giovane chef di talento che ha deciso di cambiare vita per realizzare un sogno. Recuperare la tradizione di famiglia e cercare fortuna del difficile mondo della cucina gourmet. Ha lasciato un lavoro sicuro come perito chimico, ha chiesto un prestito un banca ed è partito alla volta di Colorno (Parma) per studiare all’Alma di Gualtiero Marchesi, la famosa scuola internazionale di alta cucina. Con l’amico storico Antonio Nitti - un 40enne che ha abbandonato una carriera nella sicurezza dei cantieri edili per diventare sous chef - ha aperto «Foodstock Truck Peace & Food».
Come è nata questa passione?
«Sono cresciuto in cucina: mio padre era cuoco, mia nonna viveva in una casa popolare e faceva la sfoglina per i vicini di casa, a Natale in tutti i palazzi del quartiere si mangiavano i cappelletti, passatelli e «sfoja lorda» preparati da lei. Ho sempre cucinato in casa, ero arrivato a un punto in cui gli amici suonavano al campanello con la spesa per farsi preparare dei piatti».
E la scintilla che ti ha farro cambiare vita come è scoccata?
«Nel 2013, l’azienda in cui lavoravo come chimico voleva trasferirmi. E mi sono iscritto all’Alma. È stata un’esperienza travolgente. Ho avuto insegnanti famosi in tutto il mondo e stellati».
Trucchi e segreti di insegnanti importanti?
«All’Alma insegnano quelli che Gualtiero Marchesi definisce i suoi discepoli. È stato emozionante vivere in cucina con Ezio Marnato, il campione mondiale di panificazione, Pietro Leeman, il guru dell’alta cucina vegetariana, lo chef stellato Piergiorgio Parini e Luca Montersino».
Oggi lo street-food è una moda, com’è davvero questo fenomeno?
«È un lavoro complicato. Noi abbiamo scelto di proporre piatti della nostra tradizione, cucinati come fossimo in una cucina gourmet. Però ci troviamo a fronteggiare la concorrenza di marchi franchising che propongono merce surgelata, oppure grandi ristoranti che spalmano i rischi di impresa. Il nostro è un lavoro stagionale, è difficile tirare avanti. Cerchiamo di differenziarci con piatti particolari, come i «passatelli con la spuma di grana e la polvere di rosmarino fritto» o le mini cotolette «milanesine». La gente chiede le patatine fritte surgelate, noi puntiamo ad altro».
E in bassa stagione come si vive?
«Diversifichiamo: viviamo facendo gli chef a domicilio, le lezioni di cucina o gli show cooking. Sogno di farmi conoscere per la mia cucina, amo le materie prime di qualità e la ricerca, per me cucinare è un sogno che si realizza».