"Cascina Triulza, subito un gestore"

Dopo l’abbandono del gruppo missionario Le Formiche, il Comune cerca investitori per proseguire i restauri

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di Monica Autunno

Cascina Triulza, un mese fa l’abbandono dei gestori, la patata bollente è ora tutta nelle mani del Comune: nuovo investitore disperatamente cercasi. Porte aperte a un operatore interessato a rilevare la gestione quindicennale della cascina che fu il primo opificio Galbani in città e a condurre in porto i lavori che, dopo la messa in sicurezza degli anni scorsi, finanziata da Teem per circa tre milioni, ancora mancano all’appello. Non pochi: per restituire vera fruibilità al complesso ne servono come minimo altrettanti. L’impresa è complicata, in un momento quanto mai difficile. "Ma noi – dice in Comune il sindaco Antonio Fusè – restiamo positivi. Il momento storico è difficile, ma l’obiettivo resta, una sfida che speriamo desti qualche interesse. Certo, c’è urgenza: il rischio è di vedere ‘marcire’ nel tempo, per disuso e abbandono, anche i lavori fatti sino a questo momento. Che sono stati costosi quanto prestigiosi".

Risale al 2021 la manifestazione di interesse che aveva assegnato all’associazione gruppo missionario le Formiche la gestione per 15 anni più 5 del prestigioso complesso fresco di messa in sicurezza. Il progetto su cui si è successivamente lavorato prevedeva un intervento di housing sociale e accoglienza abbinato a terziario, commerciale e spazi museali, previa la conclusione delle opere. In dicembre le brutte notizie: il dietrofront di qualche investitore in un primo tempo interessato, l’aumento su carta di lavori e costi di gestione futura. Prima l’associazione ha chiesto, senza ottenerlo ("impossibile: c’è stato un bando, ci saremmo esposti a ricorsi"), un prolungamento della concessione. Poi ha rinunciato formalmente alla partita. Tutto da rifare. Con un operatore potenzialmente interessato a investire l’amministrazione sarebbe disposta a rinegoziare progetto e destinazione del complesso, "che dovrebbero certamente – dice il sindaco – essere in qualche modo compatibili con il lavoro già svolto: ma c’è massima apertura". Intanto, la cascina resta chiusa, come è dall’ultimo sopralluogo inaugurale post messa in sicurezza, cui aveva partecipato, era la primavera del 2021, il professionista del Politecnico e progettista Christian Campanella. In due anni di intervento la cascina era stata letteralmente strappata a un gravissimo degrado, ed era stata consolidata, messa in sicurezza e parzialmente restaurata e restituita al suo splendore spazio per spazio: la ghiacciaia e la casa del fittavolo, la torre cinquecentesca e le cisterne, la casera, ancora con i muri ‘mangiati’ dagli acidi delle lavorazioni casearie, a ricordare un passato illustre.

Tutto rimane tuttavia a rustico o quasi. La conclusione delle opere era stata vincolata alle scelte successive dei gestori. Ai sopralluoghi in cascina avevano preso parte anche delegati di Lactalis. Fra le ipotesi, infatti, quella di collocare qui, a memoria della storia dei luoghi, un museo storico della Galbani. Proprio Cascina Triulza fu la prima sede produttiva dell’azienda casearia dell’allevatore della Valsassina Egidio Galbani. Nel 1911 le attività erano poi state traslocate nel grande e storico stabilimento in centro, oggi al centro di un’altra importantissima partita di rinascita. Pezzo forte di un possibile allestimento museale l’archivio storico Galbani, un patrimonio di enorme importanza, esposto a Melzo proprio l’anno scorso, in occasione dei 140 anni del marchio: duemila fotografie, mille fra negativi e diapositive un migliaio fra documenti d’archivio, inserti pubblicitari, manifesti, etichette; 200 unità di materiale a stampa; circa 200 filmati e spot pubblicitari e circa 100 tra oggetti, quadri e cartelloni.

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