Cava di calcestruzzo in mano ai clan: "Non ti mollerò più, io faccio tutto..."

Blitz della Dda, 6 arresti. Dalle auto bruciate a Saronno agli interessi della ’ndrangheta nei cantieri. Così gli uomini delle cosche di Seminara impedivano agli altri imprenditori di prendere commesse

Il blitz dei carabinieri in una cava

Il blitz dei carabinieri in una cava

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«Senti, ci sarebbe da fare un bel cantiere, un bel lavoro a Milano, cosa fai, ma vai te o chiamo Gianni che è sempre lì a Milano?". "Ascolta, i cantieri che ti fanno dalla tua cava, li faccio tutti io, no gli accordi erano questi o sbaglio?". Basta questa intercettazione per capire a che livello Carmelo Cilona, il suo braccio operativo Bruno Sposato e gli altri uomini vicini ai clan della Piana di Gioia Tauro si fossero infiltrati in una cava brianzola, arrivando a usare l’area dell’azienda come parcheggio esclusivo per i loro mezzi e acquisendo, con intimidazioni e aggressioni, il monopolio delle commesse di trasporto e getto di calcestruzzo in giro per i cantieri di mezza Lombardia. Lo spaccato, tutt’altro che inedito a queste latitudini, dimostra una volta di più la capacità della criminalità organizzata di penetrare nell’economia legale: acquisizione di appalti a scapito di competitor ben più attrezzati ed esperti (come il "Gianni" della conversazione captata dai carabinieri) ed eliminazione alla radice di qualsiasi tipo di concorrenza.

L'indagine della Dda

A valle di un’indagine della Dda (a cui in corso d’opera il fascicolo è stato passato per competenza dalla Procura di Busto Arsizio) che ha acceso i riflettori sulla pesante influenza delle cosche nei territori di Cislago, Saronno e Gerenzano, all’alba di ieri i carabinieri hanno arrestato sei persone (cinque in carcere e una ai domiciliari) ed eseguito altre cinque misure cautelari (tra divieti di dimora in provincia di Varese e obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria), su mandato del gip Luca Milani. L’inchiesta dei militari scatta la notte del 13 settembre 2017, quando sei auto di proprietà dell’amministrazione comunale di Saronno vanno a fuoco. Gli autori di quel rogo non verranno mai individuati, ma l’episodio è lo spunto per investigare su alcuni personaggi originari della reggina Seminara e legati "direttamente alle cosche di ’ndrangheta egemoni in quella parte della Calabria". Gli investigatori dell’Arma si concentrano in particolare su una cava di calcestruzzo di Limbiate, scoprendo che Sposato – amministratore di fatto della ditta intestata nel giugno 2015 al genero Francesco Cofone (dopo che cinque mesi prima quella che gestiva in chiaro era stata colpita da un’interdittiva antimafia della Prefettura di Varese) – è diventato il dominus dell’attività imprenditoriale altrui: i responsabili della cava fanno riferimento a lui e al "socio occulto" Carmelo Cilona alias "Il Professore" (legato a doppio filo al pregiudicato per mafia Pietro Santo Sarzo) per la distribuzione delle commesse.

Il meccanismo 

Funziona così: la cava raccoglie le richieste di pompaggio e di getto di calcestruzzo e tratta direttamente con i clienti il tipo di materiale da utilizzare, le condizioni di pagamento e i tempi di realizzazione; la cava esegue con i propri dipendenti i getti che non necessitano di autopompa e assegnano ai subappaltatori l’esecuzione degli altri getti. Ed è in questo passaggio che si inseriscono Sposato e compagnia, che, stando alle accuse, obbligano "con intimidazioni" i titolari della cava "ad assegnare sistematicamente getti di calcestruzzo" alla ditta di Cofone (che arriverà a una percentuale da monopolio pari al 98%). Ad avere la peggio è una concorrente di alto livello, che nel curriculum ha anche lavori per la M4 e che alla fine sarà costretta a soccombere. Del resto, le minacce sono pesantissime: "Attento che non ti salta per aria quella betonpompa là, che prende fuoco... ti brucia la pompa e l’impianto...".

Le intercettazioni

E ancora, rivolgendosi a un parente del gestore della cava: "Sennò che devo fare? Lo devo prendere a calci nel c.? Ma veramente! Lasciarlo morto in cava, che devo fare?". Sposato non ha alcuna intenzione di rinunciare al lucroso business, pur consapevole di non avere le risorse necessarie per eseguire al meglio i lavori commissionati. Quando il committente eccepisce scherzosamente (ma non troppo) di non aver firmato alcun contratto di esclusiva con lui, il cinquantaquattrenne nativo di Corigliano Calabro replica serio: "Come non hai firmato niente? Non ti dimenticare quella volta che mi hai chiamato al telefono, mi hai detto “ti giuro col sangue che non...”". "Eh ma io non ho firmato niente con il sangue...", risponde timidamente l’altro. "Non ti mollerò mai più", la frase che suona come una pietra tombale su qualsiasi tipo di rivendicazione da libero mercato.

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