
Bazooka e cocaina Il boss all’ergastolo in permesso premio era il broker dei clan
di Stefania Totaro
Condannato all’ergastolo nel 2000 per omicidio aggravato e associazione mafiosa dalla Corte di Assise di Caltanissetta, approfittava dei periodici permessi premio in cui lasciava il carcere di Monza per fare da intermediatore per la vendita di armi da fuoco comuni e da guerra ai calabresi per regolare le loro faide. Seguendo i passi di Salvatore Cascino, originario di Mazzarino, i carabinieri di Monza, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, hanno scoperto un commercio illecito di mitragliette UZI, fucili da assalto AK47, Colt M16, pistole Glock e Beretta, nonché bazooka e bombe a mano MK2 "ananas" e hanno sgominato un’associazione per delinquere finalizzata al traffico nazionale e internazionale di sostanze stupefacenti e armi, riciclaggio e autoriciclaggio. Ieri gli uomini del nucleo investigativo del comando provinciale di Monza Brianza e degli altri comandi dell’Arma territorialmente competenti hanno eseguito nelle province di Monza Brianza, Milano, Como, Pavia, Reggio Calabria, Catanzaro, Messina, Palermo, Trieste e Udine un’ordinanza cautelare nei confronti di 30 persone (26 italiani e 4 marocchini).
Salvatore Cascino era tra i 23 imputati accusati a vario titolo di mafia, otto omicidi e quattro tentativi di omicidio, avvenuti nei territori di Riesi e Mazzarino tra il 1985 e il 1991 nell’ambito di una feroce guerra tra gli ‘’stiddari’’ e ‘’Cosa nostra’’ per il controllo del territorio. Quando era in permesso premio Cascino veniva ospitato dal commerciante di auto usate Piero Palermo, residente a Cesano Maderno ma domiciliato a Cusano Milanino, che godeva della complicità e del supporto di appartenenti a una nota famiglia di ‘ndrangheta da tempo operante anche in Lombardia, i Bellocco di Rosarno, per cui lavorava come broker gestendo l’ingresso e la commercializzazione di enormi quantitativi di droga nel territorio nazionale, venduta all’ingrosso per poi essere smerciata sulle piazze di spaccio di Quarto Oggiaro, Cinisello Balsamo e Monza.
Piero Palermo, soprannominato “Louis Vuitton” perché amante del lusso, soprattutto nell’abbigliamento, anche intimo, rigorosamente griffato e delle scarpe possedute a centinaia, poteva contare sul marocchino Miloud Bakhri come contatto per ottenere lo stupefacente, che proveniva dal Sud America (prevalentemente dall’Ecuador) e dalla Spagna e approdava celato nei container nel porto calabrese di Gioia Tauro per giungere in buona parte a Milano. L’inchiesta ha consentito di ricostruire innumerevoli compravendite di stupefacenti per un totale di 3.051 chili di hashish del valore alla vendita di circa 12 milioni di euro e 374 chili di cocaina del valore di 11 milioni di euro. Per seguire le mosse dell’organizzazione criminale, nel febbraio 2021, in pieno lockdown, gli uomini del nucleo investigativo hanno seguito alcuni degli indagati in un viaggio in auto fatto in Spagna per gestire personalmente l’acquisto di droga da alcuni fornitori.
Decisiva per le indagini la possibilità di decriptare i mezzi di comunicazione con cui gli indagati, convinti che i loro telefoni fossero "sicuri", comunicavano tra loro in forma esplicita, condividendo fotografie dei pacchi di droga e delle armi trafficate, dettagli di occultamento nei container e contrattando attraverso la messaggistica i prezzi delle vendite. Oltre che complimentarsi e festeggiare il buon esito dei loro traffici. Parte degli ingenti guadagni del traffico di droga, secondo gli inquirenti, veniva reinvestita in orologi di lusso in una nota gioielleria di Foro Buonaparte a Milano il cui titolare accettava i pagamenti in contanti, ma anche in abitazioni e attività commerciali, oltre che per l’acquisto di nuovi carichi di droga.