
di Marianna Vazzana
Sdraiati a terra, ognuno accanto alla propria bicicletta. Così l’urlo "Basta morti sulle strade" diventa vivo e scuote la città a tre giorni dall’investimento di Veronica Francesca D’Incà, l’ultima vittima, travolta e uccisa il 1° febbraio da un camion in viale Brianza poco dopo il punto di svolta da piazzale Loreto mentre pedalava. Ieri alle 15 il sit-in proprio in quel tratto di strada ha radunato migliaia di persone: oltre mille ciclisti si sono coricati sull’asfalto. In strada famiglie e singoli cittadini accanto ad amici e parenti della donna. Una manifestazione supportata da 22 realtà tra cui Critical Mass, Sai che puoi?, Fiab Milano Ciclobby, Legambici - Legambiente per la ciclabilità, ProteggiMi e Via Padova Viva. In bella vista gli striscioni "Amore Vero" e "Milano: dove la merce ha più valore della vita". Al collo, volantini con il segnale del "limite a 30 chilometri orari". In mano, cartelli: "La prego, la smetta di ignorare la bicicletta" ed "Esistiamo". Ogni ciclista ha mostrato il nome di una vittima della strada durante l’evento scandito da grida, silenzio e lacrime. "Un momento necessario – sottolinea Tommaso Goisis, tra i promotori – per ricordare Veronica e tutte le persone che hanno perso la vita in strada. Siamo qui per chiedere al Comune di agire perché tragedie come quella di mercoledì non accadano più. Non si muore mai per colpa di una bici, per l’assenza di casco o delle luci o per colpa delle ciclabili: in città si muore perché si è investiti da mezzi pesanti e auto, che sono troppe e vanno troppo veloci". Ed ecco le richieste, rivolte al sindaco Giuseppe Sala e all’assessore alla Mobilità Arianna Censi: "Che i mezzi pesanti possano attraversare la città solo in alcune fasce orarie e con dispositivi obbligatori come specchietti grandangolari e sensori laterali (da marzo 2021, a Londra, i camion possono entrare in città solo se hanno determinati requisiti. Deve essere così anche a Milano)". Perché i ciclisti e i pedoni non rischino mai più quando si trovano negli “angoli ciechi“ accanto ai mezzi motorizzati. Ancora, "che tutte le strade davanti alle scuole diventino pedonali". Una frase pronunciata guardando i tanti bambini presenti all’evento, con le loro piccole bici, insieme ai genitori. Terza richiesta, "che Milano diventi Zona 30 entro il 1° gennaio 2024. Si parta da qui e poi si escludano le (poche) vie in cui lasciare il limite a 50 chilometri orari".
"La strada deve essere di tutti, a partire dal più fragile. La città deve essere delle persone – rimarca Simone Lunghi, conosciuto come “L’angelo dei Navigli“, istruttore di canoa che tiene puliti i canali e che si sposta solo su mezzi ecologici –. Andare in bicicletta offre la possibilità di conoscersi, di parlare, di ritrovare il senso di comunità. Nelle auto invece si sta chiusi e ognuno pensa per sé". Ogni partecipante interpellato chiede "più rispetto per i ciclisti e in generale per tutti gli utenti della strada. I dispositivi di sicurezza su auto e camion servono a proteggere chi è dentro. E chi è fuori?". Sandro Foti, che per decenni è andato al lavoro in bici "da Crescenzago a San Donato, pedalando per 14 chilometri", e che oggi utilizza la bici "per diletto, anche per viaggiare in Europa", dice: "Siamo qui per sensibilizzare gli automobilisti: i ciclisti non devono essere visti come “un fastidio“". Tra i presenti anche Ilaria Fiorillo, ideatrice della pagina Instagram “milano_in_bicicletta“ seguita da oltre 23mila persone: "Al posto di Veronica avrei potuto esserci io. Avremmo potuto esserci tutti noi. Inaccettabile morire così: vogliamo strade sicure, subito".