"Basta censure e timori L’amore è festa per tutti"

I racconti nella festa del Pride dalla stazione Centrale all’Arco della Pace. Tra famiglie, forze dell’ordine e chi sogna di creare cartoni animati inclusivi

di Marianna Vazzana

Fermandosi a guardare il lunghissimo arcobaleno che da piazza Duca d’Aosta ha raggiunto l’Arco della Pace abbracciando simbolicamente tutta la città, è possibile scorgere le sfumature. Le storie dei singoli e delle famiglie. Di chi guarda avanti con serenità, circondato da affetto, o di chi con un sorriso cerca di abbattere sofferenze e pregiudizi. Lo sguardo di chi ha trovato il coraggio di svelarsi accantonando il timore di non essere capito dalle persone care e quello di chi al Pride partecipa con tutta la famiglia (“tradizionale“), bambini compresi. Come Luisa Marini e Giacomo Barlassina che tengono per mano i loro figli di 6 e 4 anni, maschio e femmina. "Alcuni familiari erano scettici: “Ci sono troppi eccessi“, il timore. Ma siamo noi adulti a vederli, gli eccessi. Ai nostri bambini abbiamo raccontato il Pride come una festa per celebrare l’amore di tutti. Il volersi bene", spiega la mamma. E come hanno reagito? "Per loro, che non hanno mai conosciuto famiglie arcobaleno, è strana l’idea che in una casa possano esserci due mamme o due papà. Ma ne sono incuriositi. Venire qui, respirare questo clima di festa, inclusione e condivisione, è un modo per capire che ci sono tanti tipi di famiglie. Tutte belle, nessuna migliore di altre".

Al loro fianco amici e colleghi di lavoro. Lei è instructional designer (professionista della formazione, che progetta video e-learnig o formativi), lui insegnante. "Lavorare in un ambiente di lavoro sereno fa la differenza". Lo dice senza mezzi termini Pierluigi F., soprannominato Pigi. "Ho 63 anni e sono un colonnello dei carabinieri in pensione". Originario di Bologna, racconta di aver lavorato per anni a Milano e in tante altre città. Oggi vive a Milano, che reputa "la città più inclusiva d’Italia. Nella mia “prima vita“ mi sono sposato con una donna e ho avuto una figlia, che ora ha 26 anni". Dopo il coming out "la strada è stata in salita". Difficile uscire allo scoperto sul luogo di lavoro. "Io ho parlato del mio orientamento sessuale solo ai colleghi amici, che per me significavano qualcosa. Allora ero un pesce fuor d’acqua, sono passati decenni. Io vorrei che nessuno oggi vivesse l’inquietudine che ho vissuto io". Anche per questo ha scelto di essere tra i fondatori di “Polis Aperta“, organizzazione di volontariato creata nel 2005 da persone che svolgono il proprio servizio nella polizia di Stato, nell’Arma dei carabinieri o nella Guardia di Finanza e che condividono l’orientamento affettivo omosessuale. Tra i supporter, anche etero e civili. "Lavoriamo affinché ovunque ci sia un ambiente sereno e rispettoso e anche per trasmettere alla popolazione l’immagine di forze dell’ordine con la mentalità aperta". “Polis Aperta“ ha dovuto ribadirlo poco più di una settimana fa, "quando la nostra associazione Lgbtqi+ di forze dell’ordine e forze armate ha rischiato di essere esclusa dal Bologna Pride", sottolinea Raffaele Brusca, che coordina le partecipazioni ai Pride, primo poliziotto d’Italia a unirsi civilmente in divisa nel 2016, al Campidoglio. "A Bologna poi ce l’abbiamo fatta. Abbiamo ricevuto centinaia di messaggi di solidarietà".

E combattono contro le censure le due amiche Sabrina Zaini, di 21 anni, bisessuale, e Susanna Vianello, di 22, che si definisce “aromantica“. "Anime made me gay", il cartello preparato da Sabrina: "Gli anime sono i cartoni giapponesi. In molte storie si celebra l’amore omosessuale, che in Italia spesso viene censurato. Io vorrei che non fosse più così: studio alla Scuola del Fumetto e sogno di creare cartoni animati che lancino un messaggio di inclusione, adatto a tutte le età: l’amore è per tutti".

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