
Bimbi davanti agli schermi
Milano – “La mente viene sedotta: si entra dentro lo smartphone. Ci conquista perché possiamo averlo sempre con noi, ma la vita così si “restringe“, deperiscono le funzioni cognitive, comunicative e creative. Ci si rifugia lì, a discapito delle relazioni”. Franco De Masi, psichiatra e psicanalista, già presidente del Centro Milanese di Psicanalisi, è l’autore di No Smartphone - Come proteggere la mente dei bambini e degli adolescenti (Piemme).
Professor Masi, il tema è ancora al centro del dibattito, tra petizioni e proposte di legge. Che contributo può dare un approccio psicanalitico?
“Oltre a occuparci del fenomeno dal punto di vista sociale ed educativo, insieme a sociologi e psicoterapeuti che si occupano di adolescenti, cerchiamo di capire cosa succede nella nostra mente. Perché è così facilmente seducibile da un tipo di strumento che diventa di tipo evasivo e non comunicativo? Sono partito da casi concreti estremi, che ho incontrato in studio. Bambini che non volevano tornare più a scuola, forme di ritiro sociale e di dipendenza. E ho incontrato tanti genitori responsabili e attenti ma dilaniati da un dilemma: “Cosa devo fare quando tutti gli amici di mio figlio hanno lo smartphone? Resistere o cedere perché altrimenti viene isolato?”
Come rispondere al dilemma?
“Bisogna cercare di resistere il più possibile e andare a patti, “firmare un contratto“ con i figli sull’utilizzo degli smartphone. Ma anche partecipare a quello che fanno nella rete, non lasciarli lì e informarsi sempre sulla realtà - anche virtuale - che attraversano”.
Esiste un’età giusta per concedere lo smartphone?
“Molto dipende dal bambino e dal tipo di genitori. Le ultime ricerche tendono a indicare dopo i 14 anni, prima andrebbe dato solo “a basso utilizzo“, per qualche telefonata. Sui social i regolamenti prevedono già i 16 anni, anche se sappiamo che spesso è tutto anticipato. Non tutti i bambini e adolescenti sono affascinati da questo mondo. Ma i più fragili - anche dal punto di vista sociale e con famiglie meno istruite - sono spesso i più esposti e seducibili. Ci sono genitori che utilizzano gli smartphone come “baby sitter“, ignorando i rischi”.
Che abbondano.
“La rete è come una città: se all’inizio emergevano più aspetti positivi, adesso nei viali principali trovi negozi pornografici e case di gioco aperte a tutti. Le biblioteche e i cinema esistono ancora, ma sono collocati nei vicoli laterali, con insegne poco luminose. La rete è stata distorta e mancano i mediatori”.
Anche a scuola si vive un paradosso: si parla di divieti - da estendere anche alle superiori - ma tra registro elettronico (con notifiche che arrivano a notte fonda), compiti e ricerche, si chiede di stare sul web.
“La tecnologia non è da demonizzare, a scuola si può utilizzare anche l’intelligenza artificiale in modo utile secondo me, ma sempre con adulti presenti e partecipi, non da soli, in autonomia. Ai miei tempi c’era il problema della televisione, con bimbi incantati davanti allo schermo. Poi il “Carosello“ invitava ad andare a dormire. Il problema con lo smartphone è diverso: lo si porta sempre dietro, anche a letto. E rispetto alla tivù non è un mezzo passivo: stimola, eccita. Ti domina”.
Serve un patentino per i ragazzi, ma anche per gli adulti?
“Sì. Spesso gli smartphone sembrano una soluzione facile. Ricordo di avere assistito a una situazione: una coppia di amici ha dato il telefonino al figlio per poter chiacchierare tranquillamente. Quando glielo hanno tolto, è andato in escandescenza. Era isterico, in crisi. I genitori avevano sottovalutato il problema della dipendenza. Anche molti videogames sono progettati per creare dipendenza. Bisogna accettare la battaglia, non cedere, invitare a leggere libri e a trovare alternative: non si sente nostalgia delle esperienze vissute da bambini se non le si sono sperimentate. Mostriamole”.
Inizia a esserci una spinta alla disconnessione?
“Credo di sì. Ci sono anche studi sulla riscoperta della calligrafia e della lettura in comune. Come adulti e come scienziati dobbiamo essere consapevoli dell’importanza di questi strumenti straordinari, ma anche dei rischi”.