
Il piccolo Adam in ospedale con la mamma. Sono gli unici sopravvissuti della famiglia sterminata da un attacco israeliano a Khan Younis a maggio
Milano, 9 giugno 2025 – Ancora una volta un ospedale lombardo apre le porte dei propri reparti a bambini palestinesi sopravvissuti agli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza. Dopodomani arriveranno a Milano, insieme ai loro familiari, alcuni piccoli affinché vengano curati in ospedali della Lombardia.
Fra di loro c'è anche Adam, l'unico dei dieci figli della dottoressa Alaa al-Najaar, sopravvissuto al bombardamento della loro casa. Adam sarà curato al Niguarda di Milano. Altri, spiegano dall'assessorato regionale al Welfare, saranno ricoverati al Policlinico e all'ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. "Confermiamo così, come già indicato al Governo - ha osservato l'assessore regionale Guido Bertolaso - tutta la nostra disponibilità a curare questi bambini con grande senso di responsabilità".
La storia di Adam e della sua famiglia è tragicamente nota: il 23 maggio la sua casa a Khan Younis, nel sud della Striscia, è stata colpita in un raid che ha fatto una strage. Sono morti nove suoi fratelli e sorelle e, dopo alcuni giorni anche il padre. Sono rimasti solo lui e la mamma, la dottoressa Alaa al-Najaar, che in quel momento era all’ospedale.
Solo sei giorni fa è stato dimesso il piccolo Fadl, che era ricoverato dal 14 maggio al Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Lo scorso ottobre la sua famiglia era finita sotto un bombardamento israeliano a Khan Younis, nel quale erano morti diversi parenti. "Eravamo anche seduti fuori, io, mio figlio, i miei cugini e un po' di parenti: all'improvviso è sceso il missile", ha raccontato il padre, Omar. Fadl, ferito, era stato subito operato all'addome una prima volta e poi, dieci giorni dopo, era tornato di nuovo sotto i ferri per un intervento durato 7 ore. Sette mesi dopo lui e il papà lasciano Gaza, dove rimangono la mamma e cinque sorelle. Grazie a un permesso sanitario, il 14 maggio arrivano al Papa Giovanni di Bergamo per le cure. "Qui, ci hanno accolto, è un Paese molto bello e molto buono e se riuscissi a portarli qui sarebbe una cosa bellissima perché qui sono veramente umani", dice ancora il padre Omar, che confida di temere per le sorti della moglie e delle figlie. Prima della guerra Fadl frequentava la prima elementare. "Io vorrei che imparasse bene, studiasse bene, finisse i suoi studi, diventasse un dottore per restituire un pochino di quello che abbiamo avuto noi", conclude Omar.