
Il rapper Baby Gang in tribunale per il processo
Il trapper Baby Gang ha espresso “soddisfazione” per la decisione del Tribunale del Riesame di Milano, ma anche “amarezza” per i due mesi trascorsi “ingiustamente” in carcere. “Hanno funestato un momento positivo della mia vita e la soddisfazione professionale per il successo dell'ultimo album, finito in testa alle classifiche. Adesso vado avanti con il mio percorso, continuo a lavorare e a portare avanti il mio progetto”, ha spiegato al suo difensore, l'avvocato Niccolò Vecchioni, che gli ha comunicato l'esito positivo del ricorso. Il 22enne all'anagrafe Zaccaria Mouhib, si trova ancora nel carcere di Busto Arsizio, in attesa che venga messo a disposizione un braccialetto elettronico per poter scontare gli arresti domiciliari nella sua casa nel Lecchese.
“Il Riesame ha riconosciuto, accogliendo le nostre richieste, che il mio assistito non ha commesso alcuna violazione delle prescrizioni – sottolinea l'avvocato Vecchioni – e ha sempre agito nel perimetro delle autorizzazioni rilasciate dai giudici. Il Riesame ha fatto una valutazione laica e giuridica dei fatti, senza lasciare spazio a valutazioni morali, e per questo non possiamo che esprimere soddisfazione”.
Il Tribunale del Riesame ha disposto la scarcerazione e gli arresti domiciliari dopo che a fine aprile la Corte d'Appello di Milano aveva aggravato la misura cautelare per il cantante perché, mentre era ai domiciliari con braccialetto elettronico, avrebbe pubblicato “fotografie su Instagram” nelle quali veniva “ritratto mentre impugna una pistola”, finta, “che punta verso l'obiettivo”. Mercoledì in aula il trapper aveva detto: “È come se si prendesse un attore che fa film di azione e lo si mettesse dentro”.
Anche se i “contenuti” di foto e video per promuovere le sue canzoni “depongono negativamente” e “denotano” che “non ha mai inteso prendere le distanze e anzi sembra voler continuare ad alimentare un'immagine di sé” inserita “in uno stile di vita illecito”, hanno argomentato i giudici del Riesame, nel caso specifico tuttavia sono “riconducibili” alle sue “scelte espressive” nell'ambito “dell'esercizio dell'attività lavorativa che comunque egli è stato autorizzato a svolgere”, cioè quella di musicista. I giudici nel provvedimento accolgono i rilievi del difensore e spiegano che il 22enne era stato “via via” autorizzato per gli “shooting fotografici, la produzione di videoclip” e poteva incontrare uno dei suoi collaboratori e anche “comunicare con soggetti terzi”, oltre che lasciare a volte il suo domicilio per il lavoro.