Auto piene di cocaina dall’Olanda Il summit per la droga in corso Lodi

Blitz anti ’ndrangheta dalla Calabria alla Lombardia: il ruolo di Pizzo "il Catanese" e del figlio Giulio. L’incontro a Milano per un carico da due chili e i panetti nascosti dietro il cruscotto di una Peugeot

di Nicola Palma

La droga trasportata dall’Olanda a bordo di utilitarie con doppifondi ricavati ad hoc negli abitacoli. La Calabria come unico crocevia della coca, con le ’ndrine a fare da garanti del costante approvvigionamento di stupefacenti. E la ripartizione dei panetti nelle varie piazze di spaccio, dal Piemonte alla Lombardia. L’asse criminale, con collegamenti dal Nord alla Sicilia, è stato smantellato dall’operazione Crypto dei militari della Guardia di Finanza di Catanzaro, che hanno arrestato 57 persone e sequestrato beni per 3,7 milioni di euro. Dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonino Foti, emerge che l’inchiesta è nata come spin-off del blitz Jerry del 2017, approfondendo gli elementi raccolti su due utenze telefoniche.

Gli investigatori sono arrivati così a Giuseppe Cacciola e Francesco Varone, entrambi di Rosarno, e da lì hanno ricostruito il modus operandi e la composizione dell’associazione a delinquere: "Una volta reperito lo stupefacente nel Nord Europa, con buona probabilità in Olanda, lo stesso veniva trasportato a Rosarno, via terra, occultato in autovetture appositamente predisposte e, giunto nella Piana di Gioia Tauro, andava a rifornire, per mezzo dell’enorme ramificazione nazionale dell’organizzazione criminale diversi gruppi criminali". In particolare, ce n’era uno che operava tra Siracusa, Benevento e Milano, capeggiato, secondo le accuse dei pm della Dda, da Maurizio Pizzo detto "Il Catanese" e dal figlio Giulio, che viveva stabilmente all’ombra della Madonnina insieme alla compagna (estranea ai fatti) e svolgeva il ruolo di intermediario per il trasporto all’ingrosso della coca. A tal proposito, basta citare uno degli scambi intercettati dagli uomini delle Fiamme Gialle, avvenuto la mattina del 27 febbraio 2018. Cacciola e Varone arrivano a Torino il giorno prima: il primo ci resta, il secondo va a Milano a incontrare Pizzo senior ("Buonasera, compà l’indirizzo mi devi mandare"). Il summit è fissato per il 26 pomeriggio: "Sono arrivato alla piazza e non c’è, l’ho chiamato e mi ha detto dieci minuti e arrivo", il messaggio che Varone manda a Cacciola per aggiornarlo.

Quale piazza? Gli inquirenti la individueranno grazie all’analisi delle celle telefoniche: in quei minuti, il cellulare di Varone aggancia quella di via Brembo, che dista circa 200 metri dalla zona di piazzale Lodi. All’appuntamento si presentano i Pizzo e i loro emissari, che confermano che saranno loro a fornire la macchina e il conducente per spostare due chili di cocaina (venduti al prezzo di 30.500 euro al chilo) verso Rivoli, nel Torinese. Il destinatario è Vincenzo Raso, titolare di un distributore di benzina e coordinatore occulto di una banda di pusher di cocaina, che peraltro in quelle stesse ore deve fronteggiare un improvviso attacco di gelosia della moglie (scatenato dalla telefonata di una sconosciuta).

I patti sono chiari: Maurizio Pizzo alias "Lorena", in passato entrato in conflitto con l’allora latitante Antonino Pesce (dell’omonima famiglia di ’ndrangheta) per un anticipo da 130mila euro su un carico di coca mai arrivato, e Varone prenderanno in consegna la droga dal corriere e la consegneranno personalmente alla coppia Cacciola-Raso. I finanzieri del Gico di Torino sono in attesa dello scambio, ma i narcos sono molto accorti nei movimenti, anche perché non hanno box per svuotare la Peugeout 208 lontani da occhi indiscreti. A un certo punto, il gruppo formato dai Pizzo, dal milanese Massimiliano Mazzanti e dall’albanese Alfred Islami sparisce nel nulla. Tuttavia, ci sono due auto che attirano l’attenzione degli investigatori: la 208 e una Kia Rio, le uniche a non essere coperte di neve, a differenza di tutte le altre parcheggiate nella zona. Alle 10.40, Islami torna per recuperare la Peugeout, ed è in quel momento che i militari entrano in azione: da un vano dietro il cruscotto spuntano 2,346 chili di "bianca". L’albanese finisce in manette. L’inchiesta prosegue.

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