Duomo di Milano, sessant’anni dopo: dai telefoni all’App

Nel ’59 il sì di Montini ai turisti, ora la tecnologia cambia volto

L'App del Duomo attiva ufficialmente

L'App del Duomo attiva ufficialmente

Milano, 25 luglio 2019 - Sessant'anni fa, nel 1959, un ragazzo di diciannove anni veniva ricevuto dal cardinale Montini. Doveva fargli una proposta: installare nel Duomo di Milano le sue audioguide, cioè macchinette con registrazioni audio in doppia lingua registrate su nastri di carta. Dai preti fiorentini a cui le aveva proposte aveva ricevuto sempre solo la stessa risposta: «Ma sei matto, portare degli aggeggi così in una chiesa?». Erano «aggeggi» simili ai telefoni, troppo tecnologici, inopportuni per un luogo sacro.

Il ragazzo era Giovanni D’Uva, veniva da Firenze ma era originario di Benevento. L’idea gli era nata al Museo del Bargello, quando una signora, scambiandolo per un locale, gli aveva chiesto un’informazione riguardo a un dipinto. Non seppe aiutarla, in compenso gli venne un’idea. Con la terza media come unico titolo di studio, cominciò a studiare elettronica da autodidatta, cercò dei finanziamenti e li trovò dalla madre della fidanzata, nonché futura suocera. Tramite un amico commercialista riuscì a farsi ricevere dal cardinale di Milano per tentare l’impresa impossibile: installare almeno uno dei suoi dispositivi in Duomo. Il cardinal Montini rispose: «Mio padre era giornalista, quindi per l’educazione che ho ricevuto sono favorevole all’innovazione. Se Gesù fosse nato ora andrebbe in jet, non certo con l’asinello». Fu la svolta. All’inizio i potenziali clienti dei D’Uva erano solo le Chiese, poi a metà anni ’90 la legge Ronchey aprì anche i musei alla gestione privata dei servizi di accoglienza.

La figlia Ilaria D’Uva, che oggi gestisce l’azienda, ricorda i viaggi in giro per l’Italia fatti con il padre per andare a proporre l’audioguida in tutte le diocesi del Paese: «La sveglia alle 4, il freddo dei viaggi, le ore di auto per riuscire ad essere accolti in sacrestie ancora più fredde – racconta –. Ma anche le interpreti che venivano a casa nostra per registrare i nastri. Signore ai miei occhi di bambina alte, belle, esotiche, che al termine del lavoro si fermavano sempre per cena». Giovanni D’Uva non inventò solo la tecnologia per informare i turisti all’interno delle chiese, ma creò anche il «business model»: audioguide installate a proprie spese e non vendute, ricavi finali divisi equamente con le chiese. Nel 1997 le prime audioguide digitali al Colosseo, nel 2000 Pompei. Da aprile di quest’anno la D’Uva gestisce anche il veneziano «San Giorgio Cafè con Filippo La Mantia» («Il futuro è nell’esperienza di visita completa», assicura Ilaria D’Uva).

Da ieri l’app ufficiale del Duomo. Non più uno strumento ingombrante da ritirare, imparare a utilizzare, riconsegnare. L’audioguida è il proprio telefono. Un’app intuitiva, con tour multimediali fatti di video, audio e contenuti disponibili in nove lingue, che il visitatore sceglie in autonomia. L’app comunica con i sensori installati nella cattedrale e illustra in tempo reale ciò che il visitatore incontra sulla sua strada. Poi la mappa e la possibilità di realizzare cartoline personalizzate. Insomma, un’app moderna, tecnologica, aggiornata, come quelle che utilizziamo per facilitarci in tutte le nostre attività quotidiane. Osando parafrasare quello che sarebbe diventato papa Paolo VI, nonché Santo, si può dire che se Gesù fosse nato ai nostri giorni userebbe l’app.

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