Milano – Tra le strategie perseguite dalla Regione e dalle Aler per rilanciare i quartieri popolari c’è quella di assegnare alloggi pubblici ad agenti delle forze dell’ordine tramite bandi curati dalle Prefetture. Una scelta che ha più ricadute positive, almeno sulla carta: si danno alloggi a persone che sono in grado di pagare regolarmente il canone d’affitto e a professionisti che possono garantire un presidio di sicurezza, sia pure informale, in quartieri periferici o semiperifierici e, non ultimo, si va incontro alle esigenze di lavoratori che, come tanti altri, fanno fatica a trovare una casa a prezzi accessibili sul mercato privato milanese portando mix sociale dove spesso non c’è. In teoria un’ottima strategia, rivendicata come tale dalla Regione e dal centrodestra lombardo. Dall’opposizione segnalano, però, che nei fatti la strategia non decolla, che il numero di alloggi assegnati a personale delle forze dell’ordine resta modesto e che ci sono ragioni precise per le quali questo accade.
Solo due giorni fa Regione e Aler hanno consegnato quattro alloggi popolari alla Polizia penitenziaria in servizio al carcere minorile Beccaria, dove è stato annunciato un potenziamento dell’organico. Gli alloggi si trovano tutti in via Saponaro, nel quartiere Gratosoglio, perché, come fanno sapere dall’assessorato regionale alla Casa, le Prefetture hanno chiesto che gli appartamenti da destinare alle forze dell’ordine siano in uno stesso palazzo, non sparsi ognuno in una via diversa,e i bandi sono quindi costruiti di conseguenza. Due di questi saranno abitati fin da subito. Lunedì la Giunta regionale ha poi approvato una delibera che mette a disposizione di agenti di pubblica sicurezza e vigili del fuoco 70 alloggi Aler nel quartiere Mazzini, al Corvetto. A questi se ne aggiungeranno altri 48 di MM, controllata dal Comune di Milano. In questo caso le abitazioni saranno pronte entro i primi mesi del 2025. Si tratta, infatti, di alloggi in fase di ristrutturazione.
"Supportiamo chi, come la Polizia penitenziaria, svolge un’opera spesso silente ma di straordinaria importanza per la nostra società e agevoliamo la permanenza sul territorio degli agenti di nuova assunzione” ha sottolineato Paolo Franco, assessore regionale alla Casa, a proposito degli alloggi di via Saponaro. “Con queste iniziative – ha proseguito l’assessore in riferimento anche al bando approvato lunedì e alla strategia perseguita dalla Giunta –, oltre a supportare concretamente chi lavora nel comparto della sicurezza e incontra difficoltà nell’accedere al mercato degli affitti privati, favoriamo il cosiddetto mix abitativo nei quartieri popolari e diamo un segnale tangibile nella direzione della sicurezza e della legalità. Anche attraverso azioni come questa stiamo contribuendo a cambiare il concetto di casa popolare, portando benefici alla qualità della vita di tutti i cittadini”.
Per quanto riguarda la sicurezza, Franco sottolinea, infine, di aver portato “in via Zamagna, quartiere San Siro, vigilantes armati in servizio 7 giorni su 7”. Di tutt’altro avviso Carmela Rozza: “Alle forze dell’ordine bisogna assegnare case in quartieri sicuri. Non si può fare sicurezza sulla loro pelle – attacca la consigliera regionale del Pd in riferimento sia a via Saponaro sia agli alloggi del Corvetto –. Dalla Regione arrivano solo annunci demagogici, basti pensare che Aler Milano ogni anno mette a disposizione delle forze dell’ordine il 10% degli alloggi assegnabili, mentre il Comune ne mette a disposizione l’8%. Alloggi che, in gran parte, restano vuoti. Nel 2021-22 dei 172 alloggi messi a disposizione da Aler ne sono stati assegnati solo 25 (il 14% del totale, una su 7 ndr). E dei 48 del Comune ne sono stati assegnati 36. Numeri risibili. Oltretutto non si tiene conto della sicurezza degli agenti e delle loro famiglie. Nei quartieri popolari come il Mazzini, la presenza di delinquenti abusivi è alta. Le forze dell’ordine dovrebbero essere impiegate per risanare questi quartieri, liberando dall’insicurezza le persone per bene che vi abitano, ma non certo andandoci ad abitare a loro volta e vivendo fianco a fianco con chi, avendo commesso reati, ha avuto a che fare con loro”.