Alessia Pifferi capace di intendere e volere: “I suoi desideri di donna venivano prima dei doveri di madre”

Milano, i risultati della perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’Assise sulla donna a processo per aver lasciato morire la figlia Diana di 18 mesi

Alessia Pifferi

Alessia Pifferi

Milano – Alessia Pifferi era capace di intendere e volere quando lasciò la piccola Diana, 18 mesi di vita, in casa da sola per sei giorni provocandone la morte di stenti. Lo chiarisce la consulenza la perizia psichiatrica firmata dallo psichiatra Elvezio Pirfo, disposta dalla Corte  d’Assise di Milano nel processo per omicidio aggravato. Indagando la personalità di Pifferi, lo specialista fa riferimento a un contesto famigliare degradato, a una dipendenza dagli altri e a un’incapacità di provare empatia, ma conclude che l’imputata non ha alcuna disabilità intellettiva ed è capace di stare in giudizio. 

La perizia

“Non essendo dimostrabile – dice lo specialista nella perizia – né una disabilità intellettiva, né un disturbo psichiatrico maggiore né un grave disturbo di personalità, è possibile affermare che Alessia Pifferi al momento dei fatti per i quali è imputata era capace di intendere e di volere”.

Funzionamento cognitivo integro

“Vista la mantenuta capacità di intendere e di volere non è possibile formulare una prognosi di pericolosità sociale correlata ad infermità mentale – si legge nelle quasi 130 pagine di relazione – in presenza di un funzionamento cognitivo integro e di una buona capacità di comprensione della vicenda giudiziaria che la riguarda, sia in termini di disvalore degli atti compiuti sia dello sviluppo della vicenda processuale”, ritengono la donna “capace di stare in giudizio”.

I desideri di donna

L’analisi di Pirfo prende in esame poi la personalità di Pifferi: “Al momento dei fatti – continua la perizia – ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana e ha anche adottato ‘un’intelligenza di condotta’ viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse”.

Le psicologhe del carcere

La perizia affronta poi la questione dei presunti condizionamenti di Pifferi da parte delle psicologhe del carcere di san Vittore, ora indagate per falso. “È possibile sostenere – dice Pirfo  – che la quantità di colloqui effettuati e la scelta di somministrare dei test psicodiagnostici risulta clinicamente 'non-appropriata' alla luce della sola sintomatologia disadattativa rilevata e dell'allocazione delle risorse professionali disponibili presso l'istituto stesso”. Inoltre Pifferi “ha utilizzato una modalità comunicativa povera e superficiale ma il linguaggio è stato sovente arricchito di termini e concetti tecnici che possono essere stati ‘appresi’ nel corso dei colloqui dimostrando quindi capacità di ascolto e comprensione”. Per il perito, “In assenza di video-audio registrazioni dei colloqui e degli accertamenti testistici e disponendo di soli aggiornamenti sintetici, non è possibile dare una valutazione compiuta circa l’eventuale induzione o suggestione dell'imputata durante tali occasioni”.

Test non attendibili

In particolare poi sulla somministrazione del test di Wais, “non è del tutto conforme ai protocolli di riferimento e alle buone prassi in materia di somministrazione di test psicodiagnostici e quindi l'esito del predetto accertamento non può essere ritenuto attendibile e compatibile con le caratteristiche mentali e di personalità dell'imputata per come emergono dagli ulteriori atti del procedimento e dall'osservazione peritale”. 

Le conclusioni

Nelle conclusioni della perizia si legge che la 38enne “ha vissuto il proprio contesto familiare e sociale di appartenenza come affettivamente deprivante e tale da indurre una visione del mondo e uno stile di vita caratterizzati da un'immagine di sé come ragazza e poi donna dipendente dagli altri (ed in particolare dagli uomini) per condurre la propria esistenza".

L’alessitimia

Pifferi – prosegue l’analisi – “ha sviluppato di conseguenza anche un funzionamento di personalità caratterizzato da alessitimia, incapacità cioè di esprimere emozioni e provare empatia verso gli altri”.

Resistenza alla fatica

Il perito però chiarisce che Pifferi “ha un funzionamento mentale adeguato e coerente al proprio grado di acculturazione e di esperienza esistenziale e non è portatrice di Disabilità Intellettiva”. E ciò emerge anche “dalla visione degli interrogatori videoregistrati”, come ha sempre sostenuto il pm De Tommasi, e cioè che le modalità di interloquire, l'atteggiamento mentale, le posture, i contenuti principali, sono del tutto sovrapponibili a quelli emersi nei colloqui peritali, così permettendo di affermare che nulla di quanto osservato dal perito possa essere connesso a condizionamenti dovuti alla detenzione (che pure potrebbe costituire un problema molto significativo per una persona alla sua prima esperienza in tal senso) o alla terapia farmacologica in atto”. Anzi, emerge da parte sua “una ‘resistenza alla fatica’ che questi contesti possono comportare”. Si potrebbe dire che ha “una resilienza, una capacità cioè di sopportare gli eventi avversi, superiore a quanto ci si possa aspettare in una persona segnata da un'esistenza complessa e per certi versi infelice”. Tutto accompagnato da “precisione delle risposte e integrità della memoria”. 

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