ANNA GIORGI
Cronaca

Alessia Pifferi, il vicino di casa indagato: “L’aiutava a procacciarsi i clienti”

Accusato di favoreggiamento della prostituzione. Una testimone in Aula: Diana era morta, ma lei temeva per sé

Alessia Pifferi in tribunale per l’udienza del processo d’appello

Milano –  C’è un nuovo indagato in una costola dell’inchiesta, già arrivata a processo in fase istruttoria, per il decesso della piccola Diana Pifferi, lasciata morire di stenti della mamma Alessia. L’accusa, per il vicino di casa di via Parea, è quella di favoreggiamento della prostituzione. Lui l’avrebbe aiutata a incontrare alcuni uomini con i quali Alessia avrebbe avuto rapporti sessuali in cambio di denaro. Quel denaro che a lei serviva per noleggiare limousine e comperare abiti da sera.

La novità è emersa ieri, nell’aula dell’Assise, quando l’uomo è stato convocato come testimone indagato e si è avvalso della facoltà di non rispondere. A margine ha poi spiegato di essere stato tra i primi a entrare nell’appartamento di via Parea dopo il ritrovamento del corpo della bambina, come ha raccontato anche un’altra vicina sentita ieri mattina: "Alessia era più preoccupata per se stessa che per il corpicino esanime della bambina, ripeteva che non era una criminale, che era una brava mamma e che non aveva fatto niente. Quando sono arrivati i poliziotti l’ho vista più preoccupata perché ha iniziato a temere di essere arrestata".

Davanti alla Corte d’Assise, la teste ha raccontato anche il momento in cui il personale medico è intervenuto nell’abitazione di via Parea: "La signora Pifferi era sul divano, non ricordo di averla vista urlare o disperarsi. In quel momento pensava molto a se stessa". Quando il medico, a sua volta sentito in mattinata, le ha comunicato della morte di Diana, "Alessia inizialmente ha pianto, ma non come una madre straziata". Sia agli operatori sanitari che alla vicina di casa, la Pifferi avrebbe detto che era partita giovedì sera, lasciando Diana con una babysitter conosciuta 6 mesi prima.

"La mattina - ha spiegato una dei paramedici -, tornando a casa e non vedendo l’ora di rivedere la piccola, ha detto di avere trovato la porta e le finestre aperte e nessuno presente nell’appartamento. Diceva che in settimana c’erano stati diversi contatti con la babysitter, anche videochiamate, ma sul suo telefono non abbiamo trovato nulla. A me aveva detto che si chiamava Giovanna, successivamente ha cambiato versione e ha detto che si chiamava Jasmine".

Si torna in aula il prossimo 19 settembre, quando saranno sentiti gli ultimi testimoni, in quella data è previsto anche l’esame in aula dell’imputata, assistita dall’avvocato Alessia Pontenani. Sempre alla prossima udienza saranno poi convocati i consulenti della difesa.