ANDREA GIANNI
Cronaca

Alessandro Ferrari, il “ghisa” ucciso a via Palestro: il figlio, allora neonato, eredita la sua passione per la musica

Alessandro aveva pochi mesi quando il padre venne ucciso dall’autobomba di Cosa Nostra: “Morto mentre stava facendo il suo dovere”

Alessandro Ferrari, l'agente della polizia municipale ucciso dall'autobomba

Alessandro Ferrari, l'agente della polizia municipale ucciso dall'autobomba

Matteo Ferrari ha ereditato la passione per la musica dal padre Alessandro, il “ghisa” ucciso all’età di 30 anni dalla bomba esplosa in via Palestro il 27 luglio del 1993. Un padre che non ha mai conosciuto, perché è stato ammazzato quando lui aveva solo pochi mesi di vita. E la moglie, Giovanna, è rimasta sola, con un bambino da crescere.

Matteo, che ora ha 31 anni, ha imparato a suonare l’organo elettronico del padre, conservato gelosamente nella casa della famiglia a Milano. Alessandro Ferrari è stato ucciso in servizio, durante l’intervento davanti al Pac, dove era stata parcheggiata la Fiat Uno con la bomba. È morto “mentre stava facendo il suo dovere”, e l’immagine trasmessa al figlio da parenti, amici e colleghi è quella di una persona che amava la sua famiglia e il suo lavoro. Una “persona onesta”.

Matteo, che si è laureato in Ingegneria edile e ora lavora come project controller, ha sempre partecipato, con la madre, alle commemorazioni. È presente anche nel trentennale, al fianco dell’associazione Libera che “riunisce molti giovani e giovanissimi impegnati nel sociale”. Alessandro Ferrari aveva trascorso l’infanzia a Gandino, in provincia di Bergamo, con la mamma Elisabetta Moro e il papà Agostino, che oggi riposano con lui nel cimitero del paese. La famiglia si era successivamente trasferita a Milano.

Oggi in paese vive ancora il fratello, Giuseppe. La sorella, Elena, è una dipendente del Comune di Milano. Alessandro Ferrari si era diplomato al Conservatorio ed era un apprezzato organista, impegnato anche nell’accompagnamento di funzioni liturgiche. L’assessore alla Sicurezza del Comune di Milano, Marco Granelli, durante l’ultima commemorazione a Gandino lo ha ricordato come “un eroe quotidiano nel servizio alla comunità, ma anche il testimone prezioso di un’Italia che non si è piegata al ricatto della mafia”.